L’ente ministeriale restaurò la Dogana danneggiata dal terremoto dell’80 ottenendone in cambio la gestione per 30 anni a partire dal 1997. Oggi si avverte l’esigenza di ridiscuterne
La questione dell’esposizione negata ad Angiuoni, torna sulle stampa locale con un intervento dell’assessore Adamo che considera non valida la riunione del Comitato di Gestione nella quale si è deciso per il diniego all’autorizzazione espositiva. Questo non essendo stato, come componente del comitato eletto dal Consiglio Comunale, convocato. Nonostante la richiesta di una nuova riunione (stessa richiesta che ha rivolto anche il Sindaco), la Sovrintendenza ha comunicato di ritenere validi l’incontro e le decisioni precedenti. Punto e basta dunque?
Sicuramente la prima percezione è quella di un Comune privo di qualsiasi movimento autonomo nei riguardi della struttura. L’assessore propone, poi, di modificare la Convenzione di Gestione della Dogana stipulata tra Comune e Sovrintendenza nel ‘97 perché non più in linea con i bisogni dei cittadini e con la loro percezione dello spazio doganale.
Una speranza? Ma, cosa mai sarà stabilito in questa convenzione?
La questione risale agli anni ottanta e novanta. In primo piano vi è la Dogana dei Grani che necessita di essere quasi totalmente ristrutturata a seguito dei danni del sisma dell’ ‘80. Il Comune di Atripalda (con l’amministrazione di Gerardo Capaldo) decide di rivolgersi alla Sovrintendenza ai Beni Culturali di Avellino e Salerno (presidente era Ruggiero Martines) per mancanza di fondi, e con delibera n° 239 del 1983 la incarica del “consolidamento e restauro dell’immobile onde poterlo poi utilizzare quale sede delle proprie attività istituzionali in ordine al ricovero, restauro…e di altre attività culturali in genere, di interesse ANCHE comunale”. A seguito dei lavori, nel ‘97, venne stipulata una Convenzione ufficiale per la gestione della Dogana, approvata all’unanimità dal consiglio comunale di cui (curiosità) facevano parte ben cinque consiglieri che sono “attivi” ancora oggi: Iannaccone, Troisi, Acerra, Tomasetti e lo stesso Adamo.
Una delle premesse principali è relativa alla completa proprietà che il Comune di Atripalda ha sull’immobile ma a questo elemento positivo segue un conseguente patteggiamento: la Sovrintendenza, che si è accollata tutte le spese di ricostruzione, di manutenzione, custodia e gestione per il presente ed il futuro, ha ricevuto in comodato gratuito e a suo uso esclusivo alcuni locali dell’edificio (per una superficie di circa 1030 mq) al fine di adibirli a laboratorio di restauro. La restante superficie, invece, sarebbe rimasta a disposizione del Comitato di Gestione per la realizzazione del progetto “Dogana in Arte”, nonché “di manifestazioni civili, religiose politiche non elettorali, culturali, artistiche proposte da altri enti, istituzioni e fondazioni”. Poiché tale Comitato di Gestione è attualmente composto dal Sovrintendente, dal Responsabile della Dogana incaricato dal Soprintendente, dal Sindaco di Atripalda e da due componenti (maggioranza e minoranza) eletti da Consiglio Comunale sembrerebbe che il Comune debba avere voce in capitolo relativamente alle manifestazioni della zona espositiva. In definitiva, però, la convenzione stabilisce letteralmente che “ in mancanza di accordo all’interno del comitato di gestione, prevale il parere del Soprintendente”. Oltretutto il contratto non può essere scisso prima della sua scadenza, ovvero nel 2027. La Soprintendenza, da parte sua, sembra creare solo immobilità culturale e questo nel corso degli anni è stato ripetutamente percepito assieme alla totale perdita di controllo e di gestione comunale su una struttura strappata ai cittadini.
Ora, non resterebbe che far risaltare, nelle apposite sedi legali e attraverso gli appositi canali, tutte le mancanze contrattuali che, eventualmente, la Sovrintendenza avrebbe registrato nel corso degli anni nonché tutti gli impegni non realizzati nell’ambito di rinnovamento artistico e culturale.