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Suicidio Guanci: la famiglia ringrazia, ma rifiuta il pagamento delle esequie

A distanza di quindici giorni ancora non si sopisce il sentimento di dolore e cordoglio per la scomparsa del dipendente

«La famiglia Guanci ringrazia il sindaco, l'amministrazione comunale ed i colleghi per la disponibilità offerta. Desidera, tuttavia, provvedere personalmente alle spese relative alle esequie del proprio congiunto», con questo testo i familiari del dipendente comunale si sono espressi pubblicamente dopo che da parte del primo cittadino e dei dipendenti dell’Utc era arrivata la disponibilità a farsi carico delle spese dei funerali. E, a distanza di quindici giorni, ancora non si sopisce il sentimento di dolore e cordoglio per la scomparsa di Pasquale Guanci. Il lutto ha colpito diversi strati della popolazione atripaldese: gli ambienti della Chiesa, del Comune, del Volontariato e della Politica, oltre, naturalmente, alla famiglia e a quanti conoscevano l’uomo. Ancora oggi sono in molti a non darsi pace e a voler trovare una spiegazione plausibilmente più convincente per un gesto così estremo e così assurdo. Né problemi di salute, né economici, né familiari: Pasquale Guanci conduceva una vita assolutamente serena, nel conforto di una grande fede che lo legava, in particolare, alla Madonna del Carmelo. La scorsa settimana, tuttavia, si è registrato un episodio che, in qualche misura, sembra restituire alla vicenda una motivazione quantomeno più ammissibile, seppure ancora debole, rispetto alla ridda di versioni, non tutte aderenti alla personalità ed alla rettitudine dell’uomo, che comunque hanno caratterizzato i primi giorni. All’Ufficio tecnico, infatti, è stata ritrovata la seconda lettera lasciata da Pasquale Guanci, di cui già si sapeva o si supponeva l’esistenza perché circolavano voci in tal senso dopo quella ritrovata dalla famiglia la sera stessa della scomparsa. Sotto la tastiera del computer dell’arch. Giuseppe Cocchi, il viceresponsabile dell’Utc (il responsabile, l’ing. Silvestro Aquino, è rientrato da un periodo di congedo lunedì scorso), in una busta chiusa c’era un manoscritto di Pasquale Guanci in fotocopia, così come in fotocopia, si è poi saputo, è stata ritrovata anche la lettera lasciata alla famiglia. Due facciate in cui il dipendente comunale spiega, o spiegherebbe, le ragioni di un forte disagio e di un forte senso di delusione causati, in particolare, da un giudizio ritenuto immeritato dato dal capufficio nell’ambito della valutazione più complessiva e generale sulle competenze e sulle prestazioni lavorative del personale che ha determinato la graduatoria della Progressione Economica Orizzontale grazie alla quale i tre quarti dei dipendenti comunali (49 su 67) hanno beneficiato, lo scorso dicembre, di un avanzamento di livello nell’ambito della stessa categoria  dividendosi anche un fondo di circa 48mila euro. In altre parole, Guanci, che secondo il capufficio brillava per coinvolgimento e presenza tanto da meritarsi il massimo dei voti (10), non raggiungeva lo stesso livello per capacità di adattamento ai cambiamenti e partecipazione al processo di flessibilità al punto da meritarsi il minimo dei voti (4). Una valutazione che, evidentemente, ha segnato Guanci fino al punto da fargli smarrire la stima di sé stesso e delle sue capacità di affrontare adeguatamente i carichi di lavoro a cui era chiamato. Il dipendente, tuttavia, nella lettera non lancerebbe alcuna accusa, né addebiterebbe a qualcuno responsabilità dirette e si scuserebbe con i colleghi di lavoro per i disagi che il suo estremo gesto causerà. La lettera ritrovata all’Ufficio tecnico è stata successivamente consegnata al comandante della stazione dei Carabinieri di Atripalda, Costantino Cucciniello, per essere trasmessa alla Procura della Repubblica di Avellino dove giace un fascicolo ancora aperto sul suicidio di Pasquale Guanci anche se, al momento, non vi sarebbe alcuna indagine ufficiale in corso perché non sussisterebbe alcuna ipotesi di reato. Al momento l’unico mistero che avvolge la vicenda è quello del ritrovamento delle due lettere in fotocopia e non in originale, che potrebbero venir fuori da un momento all’altro oppure mai perché distrutte, ma che, tuttavia, non rappresenterebbe, né ai fini investigativi, né sostanziali, un elemento ritenuto rilevante. Se non ci saranno ulteriori sviluppi il suicidio di Pasquale Guanci rappresenterà una lacerante e profonda ferita per la famiglia, per il Comune e per la comunità atripaldese in generale destinata a rimarginarsi solo attraverso le preghiere che l’uomo ha chiesto per lui come segno di perdono per un gesto che, per quanto incredibile e incomprensibile, appartiene comunque alla natura del genere umano.

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