Si avverte la necessità di un maggior controllo per come vengono eseguiti i lavori sul verde pubblico
L’attuale presenza dei platani di via Appia rappresenta soltanto il 30% dell’impianto originario, che, realizzato nella metà degli anni ’30, presentava mediamente una pianta ogni 10 m. L’urbanizzazione intensiva cominciata agli inizi degli anni ’60 si configurava con un aspetto molto rispettoso delle preesistenze: basti guardare come sono posizionate le strade di ingresso alle case popolari del rione Appia; solo successivamente si è avuto lo stravolgimento che ci ha portato allo stato attuale. Ma non è finita. La realizzazione della rotatoria e lo sviluppo dell’area retrostante il centro commerciale porterà all’eliminazione di almeno altre sei piante. A questo si aggiunge, tutto ad un tratto, la decisione già assunta - comunicata tramite dichiarazioni dell’Assessore all’Ambiente e del presidente del Comitato Appia-Novesoldi - di abbattere altre tre piante perché “affette da cancro colorato”.
A volte la superficialità, la voglia di protagonismo, in politica diventano pericolose più dei pericoli che si vorrebbero eliminare. Cerchiamo di vedere perché. La diagnosi e la lotta alla Ceratocystis fimbriata (cancro colorato del platano) è disciplinata dal D.M. 17.4.1998 e dalla circolare applicativa n. 33686 del 18.6.1998. L’ultimo censimento effettuato dal Servizio fitosanitario regionale (S.F.R.) aggiornato al 4 febbraio 2009 non riportava casi di infezione nel comune di Atripalda sui 18 presenti in provincia. Tanta meticolosità è necessaria perché il decreto citato impone l’obbligatorietà della lotta a questa malattia (art.1). In sintesi: gli accertamenti vengono effettuati dalle diramazioni territoriali del Servizio fitosanitario regionale e non da improvvisati “specialisti locali” (art.2); in caso di malattia le piante infette e quelle immediatamente adiacenti devono essere rapidamente ed obbligatoriamente abbattute secondo le indicazioni impartite dal S.F.R.(art.4); chiunque intendesse eseguire interventi di qualsiasi tipo deve chiedere, mediante comunicazione scritta, la preventiva autorizzazione del S.F.R., il quale detta le modalità da seguire (art.5); in caso di mancata applicazione delle disposizioni riportate nel Decreto, gli inadempienti sono denunciati all’autorità giudiziaria a norma dell’art. 500 del c.p. (art.7). Questa è la normativa, adesso i casi sono due: o bisogna ringraziare il presidente del Comitato che appena insediatosi ha prontamente allertato le autorità locali su un problema pregresso e non precedentemente rilevato, o ci troviamo di fronte ad un caso di omissione ancora più grave se si considera la seguente dichiarazione: « […] L’assessore si è già messo in contatto con una ditta di Serino che curerà l’espianto […]», senza nessun riferimento ad autorizzazioni da parte del S.F.R.
Mi rendo conto che la mia eccessiva puntigliosità può sembrare prevenuta, sgombro il campo da interpretazioni diverse: essa lo è. Lo è da quando ho constatato che il verde pubblico ad Atripalda negli ultimi tempi è stato sottoposto a trattamenti che francamente definisco quantomeno devastanti, tra cui interventi radicali che possono solo essere forieri di fitopatologie, e che sono sotto gli occhi di tutti. Personalmente non sono abituato alla semplice denuncia dei fatti perché, conoscendo bene le procedure, mi rendo conto delle difficoltà a cui vanno incontro gli amministratori anche quelli preparati e che conoscono la materia. Per tale motivo provo ad esporre alcune mie riflessioni prendendo a riferimento il trend degli ultimi venti anni che ha visto le amministrazioni che si sono succedute realizzare solo un obbligatorio verde di progetto, senza nessuna programmazione e senza nessun nuovo impianto, e valutando, per approssimazione, che di questo passo, per quanto descritto prima, andremo incontro in pochi anni a un preoccupante depauperamento del verde pubblico. È indispensabile una seria pianificazione che dovrà trovare riscontro nel P.U.C. (Piano Urbanistico Comunale) per l’adeguamento dello standard previsto tra metri quadrati/verde per abitante. Per il viale dei platani di via Appia si dovrebbe partire da subito, una volta scelta l’essenza adatta, con la piantumazione tra una pianta e l’altra in modo da ottenere un verde fruibile già quando si dovrà necessariamente procedere all’abbattimento totale, abbattimento purtroppo inevitabile nel corso dei prossimi anni perché, anche se ci trovassimo ancora in assenza di “cancro colorato”, le patologie di cui le piante sono affette si aggraveranno ancora di più con i lavori di sistemazione dei marciapiedi e della sede stradale.
Atripalda non può rischiare di non avere nel prossimo futuro un polmone verde nell’area di maggiore antropizzazione e di maggior traffico veicolare. Per questo si rende più che mai necessaria la redazione di un regolamento comunale per il verde pubblico, che disciplini la conservazione di quello esistente, che indichi le aree di espansione, ne regolamenti la corretta manutenzione, indicando dettagliatamente gli interventi da effettuare e il modo come devono essere eseguiti.
Anche se questi procedimenti sono aspetti che riguardano gli specialisti, è importante che i semplici cittadini (e non solo i comitati) possano avere voce in capitolo, perché sono quelli chiamati a pagare sotto tutti i punti di vista. Lo affermo con decisione perché ho riferito a più di qualche amministratore la necessità di un maggior controllo per come vengono eseguiti i lavori sul verde pubblico, ricevendone assicurazioni senza però nessun risultato effettivo. Si sa infatti che gli alberi e le piante in genere sono soggetti ancora più deboli di tanti cittadini: essi se maltrattati piangono ma non votano.
Biagio Venezia