Come si eviterà che qualcuno allunghi le “mani sulla città”?
La scorsa tornata elettorale è stata caratterizzata da una rovente polemica relativa al Piano Urbanistico Comunale (PUC): la lista di centrodestra dell’ex sindaco Laurenzano ha improntato la sua campagna elettorale sul pericolo che vi potessero essere forze (politiche e non) interessate a mettere “le mani sulla città”. Da quelle elezioni e dalla vittoria della lista di centrosinistra sono passati cinque mesi e il PUC sembra sparito dall’agenda politica. È superfluo affermare che questo strumento urbanistico è basilare per uno sviluppo armonico della città e che va necessariamente adottato. Oggi la città che ci ritroviamo, indipendentemente dal giudizio che ognuno ne possa dare, è infatti figlia delle scelte operate nei decenni passati. Da sempre, ma soprattutto dall’introduzione dei Piani Regolatori, la discussione che inevitabilmente genera divisioni e contrapposizioni è quella riguardante la proiezione della crescita demografica nel periodo di validità dello strumento urbanistico in questione. Da questa stima dipende la possibilità di edificare, in special modo edilizia residenziale privata, con tutte le conseguenze annesse: valorizzazioni di suoli, interessi da parte di costruttori e progettisti, ecc.. Adesso questo rischio si è notevolmente attenuato: questo perché ormai dagli anni novanta infatti, Atripalda è in decrescita, la popolazione residente è in netto calo, e i primi dati del censimento del 2011 segnalano una ulteriore diminuzione, e non solo della popolazione, rispetto ai dieci anni precedenti. Se la situazione è questa riportata dai dati ISTAT, il PUC che si andrà a elaborare non potrà essere un piano di espansione edilizia ma dovrà essere, necessariamente, un piano incardinato sui servizi. A questo punto credo che sia necessario monitorare e vigilare su quelle che possiamo definire delle priorità: la definitiva collocazione del mercato settimanale, l’espansione e l’ulteriore localizzazione del Piano Insediamenti Produttivi (PIP), il riammagliamento delle contrade periferiche, la delocalizzazione del cimitero, l’individuazione di aree per la sosta e per il parcheggio, il potenziamento del polo sportivo, la definizione di un polo culturale con la specifica destinazione di complessi e strutture pubbliche, oltre alla sempre importante valorizzazione del patrimonio archeologico e alla vitale sistematizzazione dei beni ambientali. L’obiezione potrebbe essere che si tratta di proposte vaghe o di una lista della lavandaia. Non lo sono. Sono proposte condivise da tanti cittadini, che non vogliono che rimangano confinate nello spazio di comunicati ufficiali o delle pagine di un giornale. A tale proposito, considerata la stasi in cui su tante di queste proposte ci troviamo, si potrebbe ripartire daccapo, per quello che si può, al netto degli incarichi conferiti e del lavoro propedeutico, coinvolgendo in modo serio le categorie sociali – non di certo i portatori di specifici interessi – e i cittadini tutti, sollecitando una loro partecipazione attiva sulla discussione e l’approfondimento delle singole questioni. È l’unico modo per fugare, definitivamente, qualsiasi ipotesi di interessi nascosti e di inquietanti “mani sulla città”.