Mercoledì, 13 Nov 24

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Una luce si è spenta

Presente sin dall’anno 1900, l’edicola in Piazza è chiusa da tre settimane

Era un po’ di tempo che la sera non uscivo da casa per recarmi in piazza per qualche chiacchierata con qualche amico. Quando alla fine è successo, complici anche delle miti, e inusuali per la stagione, condizioni atmosferiche, tuttavia la piazza di sera mi è sembrata ancora più vuota delle ultime volte che vi ero stato. Essa appariva melanconica, triste, senz’anima, incupita ancor di più a causa della scelta di abbassare la potenza delle lampade che la illuminano per ottenere un risparmio energetico. Mi son guardato intorno per capire se era una mia personale sensazione, oppure vi era qualcosa di diverso rispetto all’ultima volta che mi ero soffermato. In effetti qualcosa di diverso c’era ed è bastato poco perché saltasse agli occhi. L’edicola della piazza era chiusa. In un primo momento ho pensato a un fatto contingente, ma poi riflettendo, anche per effetto dell’oscurità, che su quel lato la fa da padrona, ho ricordato che sono diversi giorni se non settimane che l’edicola, storicamente presente in piazza dall’anno 1900, risulta chiusa. Può sembrare un particolare di poco conto ma anche quest’ultimo episodio si inserisce nell’ambito del degrado che riguarda sempre di più la nostra città. È pur vero che i punti vendita di giornali sono aumentati nel corso del tempo (nella nostra città ancora fino alla seconda metà degli anni ’60 era presente una sola edicola), anche se negli ultimi anni vi è stata in generale una forte contrazione delle vendite sia di quotidiani che di riviste dovuta alla diffusione delle notizie veicolate da supporti elettronici: questo perché le edicole si stanno attrezzando sempre di più a vendere materiale differenziato per riuscire a captare l’attenzione del pubblico, a seguito della liberalizzazione dei punti vendita che ha ridotto lo spazio operativo delle attività esistenti causando non pochi problemi agli operatori storici che per una questione di spazio non avevano la possibilità di affiancare alla vendita dei giornali altre tipologie di prodotti. Ciononostante, se lo confrontiamo un avventore dei primi anni del secolo scorso, quando ad Atripalda fu aperta una vendita pubblica e diretta dell’unico strumento d’informazione di massa del tempo, siamo costretti a constatare oltre un secolo dopo che un forestiero che abbia oggi la stessa richiesta passando per Atripalda non avrà la possibilità di comprare il giornale quotidiano nella piazza principale della città.

Forse sulla chiusura dell’edicola in piazza si sarebbe dovuta avere una maggiore consapevolezza e sensibilità da parte della nostra comunità: può sembrare normale, soprattutto di questi tempi di crisi, che un esercizio cessi la propria attività o cambi ragione sociale, ma in realtà non è così. Per un’edicola non è così, infatti, perché l’edicola è un negozio del tutto particolare nel quale a essere venduto non è soltanto qualcosa di materiale, ma soprattutto l’informazione quotidiana che è la cultura stessa. Come per le librerie, e con l’aggiunta di una frequentazione più assidua perché quotidiana, nelle edicole prima della vendita viene lo scambio di idee, informazioni, opinioni. Quanti approcci culturali avvenivano e possono avvenire presso un’edicola, che di per sé è un luogo più di raccolta che di dispersione, considerato che nelle edicole si possono reperire da 2500 a 6000 testate, mentre nei punti vendita editoriali si può giungere a un massimo di trecento. Ma questa è la vera peculiarità di un luogo come l’edicola, in cui più importante dell’entrare e uscire di fretta per comprare qualcosa è la chiacchiera sulle questioni della giornata o anche solo un saluto condiviso.

Un luogo da difendere, proprio in un periodo in cui il reperimento dell’informazione è aumentato attraverso una molteplicità di canali, come quelli digitali: prima televisione e radio hanno spinto sempre di più l’edicola a proporre prodotti di approfondimento in concorrenza con la libreria (anche per colpa delle scelte editoriali dei grandi giornali), poi la realtà virtuale ha accentuato la disaffezione verso l’edicola così come veniva intesa nel passato. Viviamo in un’epoca paradossale che, moltiplicando in maniera esponenziale i canali informativi, ha in realtà favorito la scarsità della lettura, fenomeno che pone la nostra nazione agli ultimi posti dei paesi industrializzati, considerato che tutte le statistiche confermano che in Italia si legge poco e a tutti i livelli.

Abituato a fare sempre delle proposte, buone o cattive che siano, questa volta, su questo argomento mi trovo in difficoltà: il problema non è semplicemente quello di dire che vi è bisogno di più punti vendita o di consigliare una maggiore lettura, il problema vero è rappresentato, anche di fronte a una maggiore scolarizzazione, dalla riduzione dell’area d’interesse; si cerca di incamerare nozioni di base a scapito di una vera formazione e a tutto questo non è certamente estranea la scuola come istituzione. E allora, metaforicamente, quella luce in piazza va riaccesa perché non solo rappresenta un punto di riferimento per i tanti che passano per Atripalda, ma rappresenta anche un riferimento per chi cerca prima di un acquisto una relazione umana, prima di qualcosa che ha un prezzo qualcosa che ha un valore.

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