Lunedì, 23 Dic 24

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Andata e ritorno

Quasi settant’anni fa nacque ad Atripalda la prima linea filoviaria irpina. Nel ’69 i privati uscirono dalla società che diventò pubblica

Per chi - come chi scrive - non è interessato tanto a meri esercizi letterari o a pedanti ricostruzioni storico-filologiche, ma ha come unico obiettivo quello di condividere con chi legge la memoria della nostra cittadina, mettendo a disposizione i propri ricordi e riprendendo episodi apparentemente irrilevanti, sono proprio le sfumature della microstoria a meritare la maggiore attenzione. Mi rivolgo soprattutto ai giovani o agli immigrati che, solo sporadicamente, hanno potuto avere accesso a questo tipo di informazioni.

In questo intervento mi soffermerò su quello che, nell’ambito dei trasporti locali nel panorama della nostra provincia, ha rappresentato un unicum, ovvero il collegamento di linea con la città capoluogo. Non doveva essere certamente molto soddisfacente il collegamento stradale Atripalda-Avellino quando il 19 agosto del 1946 il deputato salernitano democraticocristiano on. Carmine De Martino, forte della sua esperienza professionale nel campo dei trasporti, perorò la causa per un collegamento rapido su gomma, alimentato dall’energia elettrica, tra i due centri, che attraversasse il rione della Ferrovia ove era ubicata la stazione per la movimentazione del trasporto su ferro. Impresa molto difficoltosa perché fino allora l’idea preponderante era quella di un collegamento ferroelettrico, tra l’altro molto diffusa tra gli esponenti locali dei comuni interessati. De Martino, oltre che per la positiva ricaduta politica di tale operazione, operò la scelta della creazione di una linea filoviaria in virtù dell’esperienza maturata con la realizzazione del collegamento filoviario Battipaglia-Mercato S. Severino, che con la lunghezza di oltre 80 km era il maggiore d’Europa. Fu per l’occasione realizzata una Società per Azioni tramite la quale furono agevolmente collocati trentamila certificati da mille lire ognuno. Inizialmente gli automezzi erano cinque e la linea si limitava alla tratta Atripalda-Stazione ferroviaria-Avellino. Come deposito-officina il comune della nostra città mise a disposizione gli spazi dell’interno della Dogana dei Grani e la retrostante piazza Sparavigna. Dopo un solo anno dalla prima assemblea costitutiva, la linea filoviaria venne inaugurata, con una solenne cerimonia, all’interno della Dogana dall’allora ministro dei Trasporti Guido Corbellini, e venne scelto come giorno dell’inaugurazione il martedì 16 settembre 1947, proprio il giorno della festività di S. Sabino vescovo patrono e protettore di Atripalda. Negli anni successivi fu realizzata una linea circolare interna alla città di Avellino, il collegamento con il Rione Valle per arrivare nel 1956 al prolungamento fino a Mercogliano e a Bellizzi Irpino. In questo modo la lunghezza totale superò abbondantemente i 13 km e per alcuni anni i bilanci davano soddisfazione agli investitori, anche se frequenti erano le lamentele da parte degli utilizzatori sia per i costo del biglietto (10-20 lire del tempo), che soprattutto per il sovraffollamento, che costringeva non poche volte i viaggiatori ad aspettare la corsa successiva che avveniva dopo venti minuti. È inutile dire che la S.F.I. (Società Filoviaria Irpina) rappresentava con i suoi autisti, bigliettai, amministrativi e addetti alla manutenzione una realtà occupazionale di notevole importanza, garantendo una mobilità strategica di grande rilevanza tra un centro commerciale di punta quale era Atripalda e uno amministrativo-burocratico rappresentato dalla città capoluogo. Da non trascurare il rapido e continuo collegamento con Pianodardine e la stazione ferroviaria che, anche per una questione di maggiore vicinanza, finiva per favorire la nostra città rispetto al capoluogo.

La S.F.I. contava nel suo personale singolari e mitiche figure tra autisti, amministrativi e manutentori: ho avuto modo di conoscerne buona parte e tutti si dimostravano personaggi gradevoli oltre che professionisti seri. Essere assunti dalla S.F.I. era cosa ambita perché dava non solo la garanzia del posto di lavoro con la certezza della paga, cosa non sempre facile a quel tempo, ma principalmente la dignità di un lavoro con tratti di umanità e rispetto non certamente molto diffusi nel panorama lavorativo di allora. Anche questo rientrava in un modo di vivere, come quello dei decenni scorsi, che non dava nulla per scontato, ma cercava di conquistarsi sempre quanto si meritava.

Nonostante la notevole esperienza gestionale maturata attraverso la rete Battipaglia-Mercato S. Severino da un autentico imprenditore quale era l’on. De Martino, l’impresa non risultò nel tempo economicamente soddisfacente a fronte delle attese dei fautori. Già all’atto della costituzione, nonostante i prezzi per corsa non certamente popolari, i bilanci cominciarono per diverse ragioni a manifestare consistenti passività. Evidentemente non si poteva sfuggire alle pressioni che provenivano dai vari enti (comuni e provincia) che vedevano in quest’azienda la possibilità di soddisfare un essenziale servizio pubblico (si pensi ad esempio al prolungamento della tratta fino a Mercogliano, avvenuto nel 1956).

Personalmente, l’opinione che mi sono fatto dalla lettura di documenti è che un ruolo importante in tutta la vicenda lo ha avuto il collegamento con il Santuario di Montevergine, uno dei più importanti luoghi di culto del Mezzogiorno, che solo nel 1931 aveva visto la realizzazione di una strada carrozzabile e che ogni anno era raggiunto da decine di migliaia di pellegrini. Il collegamento con Montevergine era da lungo tempo una priorità: molti documenti risalenti già all’anno 1800 attestano la volontà da parte di benestanti locali e non di realizzare una funicolare per superare le asperità dovute alla natura della montagna. Alcune di queste fonti riportano che nel 1882 il tracciato era stato progettato e in gran parte anche realizzato attraverso lavori di sterro. Le vicende connesse alle due grandi guerre mondiali finirono per procrastinare la conclusione dei lavori tanto che l’agognata inaugurazione della funicolare avvenne soltanto il 23 maggio del 1956 da parte dell’abate Ludovico Anselmo Tranfaglia. L’esplorazione storica di tutti i dettagli di questa costruzione potrebbe attestare lo spirito di grande intraprendenza del tempo, che oggi non sarebbe nemmeno immaginabile senza un preponderante impegno finanziario pubblico. Una curiosità poco conosciuta: il primo novembre del 1974 l’arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla, futuro papa Giovanni Paolo II, visitò il santuario di Montevergine, ma non potette servirsi della funicolare a quel tempo guasta e dovette affrontare i tornanti della montagna.

Ma ritorniamo all’argomento principale. Nel 1969 i privati che avevano voluto la S.F.I. uscirono dalla società e si ebbe la formazione di un consorzio di comuni: Avellino, Atripalda, Mercogliano, Contrada. Iniziò così la gestione pubblica che continua ancora oggi. Nel 1971 vi fu l’affidamento a un Commissario Governativo e l’anno successivo si ebbe il definitivo passaggio alla Regione Campania. Nel 1974 la S.F.I. venne ufficialmente dichiarata fallita e sostituita nel 1975 dal nascente Consorzio Trasporti Irpino; nel 1986 tale consorzio, presieduto allora dal nostro concittadino avv. Andrea De Vinco, rilevò assieme alla rete filoviaria anche la funicolare di Montevergine.

Per sommi capi questa è la situazione del trasporto urbano intercomunale Atripalda-Avellino. A voler esprimere un giudizio sul suo funzionamento in tutta sincerità non potrebbe essere positivo. Recentemente, a causa della crisi economica che ci attanaglia, tale servizio è addirittura peggiorato; la scure del taglio delle corse e quindi la riduzione dei collegamenti si è abbattuta maggiormente sui quartieri popolari periferici, aggravando le condizioni di trasporto pubblico delle fasce più deboli della società. Credo sia inutile ribadire che il trasporto è una delle voci di spesa più importante del bilancio familiare, e sarebbe perciò facile una critica generica. È importante comprendere che nessuna singola iniziativa può risolvere la situazione: soltanto attraverso una visione complessiva e considerando il trasporto come parte integrante ed essenziale delle nostre attività quotidiane si possono ricercare soluzioni soddisfacenti.

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