Ipotizzata per il 16 novembre la data del Consiglio comunale che deciderà le sorti delle bancarelle
Il nodo del mercato settimanale ancora non è stato sciolto. Anzi, più passa il tempo più si ha la sensazione che la via d’uscita si allontani. La commissione consiliare incaricata di vagliare le tre opzioni dettate dal Consiglio comunale (Contrada Santissimo, Parco Acacie-Via San Lorenzo e Piazza Umberto I e dintorni) ha sostanzialmente chiuso i lavori e sta per stendere la relazione finale da portare in Aula consiliare il 16 prossimo novembre (la data, tuttavia, non è ancora ufficiale). Le tre ipotesi non differiscono di molto, né sul piano economico (si stima una spesa comune a tutte di circa 350mila euro), né su quello dei tempi di realizzazione delle attrezzature necessarie per rendere pienamente idonee (minimo tre mesi) mentre continuano a restare molto differenti sul piano dell’impatto sociale ed economico. In Piazza, per esempio, sarebbe necessario installare almeno due gruppi di servizi igienici, realizzare i punti acqua, i punti luce e le fognature; in via San Lorenzo, invece, si dovrebbe realizzare un’area pavimentata e un’opera di contenimento delle sponde del fiume Fenestrelle. La soluzione di contrada Santissimo, invece, resta ancora in piedi esclusivamente sul piano teorico perché nessuno si sogna neanche lontanamente di riportare il mercato in quell’area, mentre la partita fra Parco Acacie e Piazza sembra ancora tutta da giocare. In commissione consiliare c’è chi propende per Parco Acacie (Di Pietro, Tomasetti e Iannaccone) e chi per la Piazza (Prezioso), ma vista l’impraticabilità di entrambe le ipotesi sia sul piano economico (i fondi non ci sono) che su quello temporale (nelle attuali condizioni il mercato non durerà ancora a lungo), si sta cercando di trovare un’intesa quantomeno per una soluzione temporanea che consenta di riaccorpare le bancarelle. L’area che si presterebbe, con una spesa inferiore ai 50mila euro, ad ospitare tutto il mercato sarebbe quella di Parco delle Acacie e via San Lorenzo dove, installando un box di servizi igienici e realizzando una canalina di raccolta delle acque nere, si riuscirebbe ad ottenere la necessaria autorizzazione sanitaria. Dunque non si esclude l’ipotesi che il Consiglio comunale possa essere chiamato a deliberare una soluzione provvisoria e una definitiva, subordinata al reperimento dei fondi necessari per realizzare le attrezzature.
Ma la questione, com’è giusto che sia, sta travalicando i confini della commissione consiliare, investendo i partiti, le categorie coinvolte ed i cittadini ancor prima di arrivare in Consiglio comunale. Anche perché, nell’attuale situazione, si rischierebbe di strasformare quella seduta in un campo di battaglia, senza né vinti, né vincitori. Le categorie commerciali coinvolte hanno già manifestato la volontà di riportare le bancarelle in Piazza altrimenti potrebbero anche decidere di non svolgere più il mercato ad Atripalda (si vocifera di contatti già avviati con il sindaco di Manocalzati). Il concetto è stato anche ribadito nell’ennesimo incontro svoltosi mercoledì scorso con la commissione consiliare. In una riunione molto accesa (le urla si sono udite anche fuori dal Comune) gli ambulanti hanno confermato che non vogliono restare a Parco delle Acacie perché gli affari stanno andando male (infatti, giovedì scorso, almeno dieci alimentaristi non si sono presentati, così come, dall’altra parte della città, si notano sempre meno bancarelle) e per dimostrarlo ufficialmente stanno preparando una raccolta di firme da consegnare all’Amministrazione comunale. E molti commercianti, inoltre, hanno dichiarato che fanno fatica ad onorare i debiti assunti per dotarsi di camion e attrezzature conformi alla legge. E qualcuno avrebbe anche rivelato che nel 2004, per favorire il trasferimento provvisorio dalla Piazza a contrada Santissimo, sarebbero stati attribuiti posteggi di superficie maggiore rispetto a quelle autorizzata, un fenomeno che oggi si sta rivelando un boomerang perché nel valutare l’estensione del mercato si starebbe ragionando non tenendo conto delle superfici autorizzate ma di quelle occupate. L’unica intesa raggiunta è stata quella di posticipare il trasferimento del mercato, qualunque sarà la soluzione adottata, a dopo le festività natalizie per evitare altri danni nel periodo di maggiori affari dell’anno. Ma se gli ambulanti sembrano d’accordo nel sostenere la tesi del mercato in Piazza, altrettanto non è nelle forze politiche, di maggioranza e di opposizione. Il gruppo consiliare del centrosinistra, al termine di una riunione molto animata svoltasi lunedì scorso e che ha fatto emergere posizioni diverse, ha deciso di trasferire la discussione all’interno del Partito democratico. I consiglieri comunali del PD (tutti ad eccezione, almeno ufficialmente, di Di Pietro e Adamo) hanno organizzato un incontro con i dirigenti del partito per lunedì sera per condividere la decisione finale e per giovedì prossimo è prevista la riunione decisiva del gruppo consiliare. Non si sa se quello del mercato sia o meno uno di quegli argomenti di “particolare rilevanza etica” previsti dal Regolamento del gruppo consiliare appena approvato che consente anche di esprimere il voto secondo coscienza, ma di certo sembra difficile che su questa materia si possa arrivare nello spazio di una sera ad una soluzione unitaria, né si possono escludere eventuali defezioni in Consiglio nel caso in cui prevalga un accordo raggiunto a maggioranza. E se il centrosinistra appare diviso, le opposizioni non sono da meno. Mentre si distingue molto nettamente la posizione del nascente gruppo di “Centrodestra” formato da Iannaccone e La Sala (entrambi schierati per Parco Acacie) e del PdL di Prezioso (a favore della Piazza), non si sono ancora espressi Moschella, Del Mauro, Spagnuolo e Iaione (quest’ultimo ha, addirittura, l’intenzione di lanciare l’ipotesi di contrada Alvanite), ragion per cui immaginare che in Consiglio possa venir fuori una decisione assunta da un’ampia maggioranza, seppure trasversale, è ancora azzardato. Senza contare che neanche la reazione della città sta favorendo la formazione di una decisione visto che con la stessa facilità si trovano persone disposte a rivedere le bancarelle in Piazza e persone che la pensano diversamente, soprattutto alla luce del recente restyling. Tuttavia, è anche vero che, al momento, non c’è stata alcuna occasione di confronto pubblico (se si eccettuano le posizioni assunte a favore della Piazza dai rappresentanti dei consumatori nel documento congiunto e nella riunione di mercoledì scorso, ndr.), né qualcuno l’ha ancora proposta, forse ritenendola inutile proprio perché difficilmente farebbe emergere una posizione univoca. A questo punto, però, non appare del tutto campata in aria l’idea di proporre un nuovo referendum (anche meno formale di quello del 2004) per affidare alla città la risposta definitiva, che avrebbe il vantaggio di mettere necessariamente tutti d’accordo, di evitare che qualcuno si assuma responsabilità troppo pesanti, di forzare troppo la mano e di coinvolgere i cittadini in una storica scelta, che potrebbe anche rivelarsi diversa da quella di cinque anni fa. A ben vedere i tempi ci sono (è stato già stabilito che fino a Natale tutto resterà così com’è), non più tardi di due settimane fa un solo partito, il PD, è stato in grado di far votare 617 persone (un quarto di quelle che nel 2004 votarono il referendum: 2.214) e l’esperienza già maturata potrebbe tornare utile. Se si vogliono evitare altri disastri e conseguenze imprevedibili è meglio non trascurare alcuna ipotesi e mettersi nelle mani della città. In una fase di grande debolezza dei partiti, di carenza di luoghi di confronto e di assenza di riferimenti certi, la vicenda del mercato non può essere affrontata con troppa disinvoltura o, ancora peggio, con forzature poco convincenti se non strumentali. E invocare il primato della politica o la responsabilità degli eletti in un momento del genere sarebbe davvero imperdonabile.