Riaperti i cancelli della ex fabbrica dove venivano decoibentate le carrozze ferroviarie, per un sopralluogo della Commissione Consiliare Regionale
Mercoledì mattina davanti ai cancelli dell’ex Isochimica c’erano tutti, da Antonio Amato Presidente della Commissione Consiliare Regionale Speciale per il controllo delle bonifiche ambientali e siti di smaltimento rifiuti ed ecomafie, il sindaco di Avellino Giuseppe Gallasso il vice sindaco Gianluca Festa, i consiglieri regionali Rosetta D’Amelio e Pietro Foglia, il Presidente della Provincia Cosimo Sibilia, il presidente dell’Asi Giulio Belmonte, il direttore dell’Asl di Avellino Sergio Florio, il curatore fallimentare della fabbrica Leonida Guglielmi, i responsabili della Eurokomet, ditta che era stata incaricata delle bonifica di tutta l’area, i responsabili dell’Arpac, sindacalisti, ex operai della fabbrica, molti cittadini di Borgo Ferrovia, di Avellino, di Montefredane e della frazione di Arcella, mancavano solo gli atripaldesi, eppure la fabbrica è molto più vicina ad Atripalda praticamente è al confine. I cancelli dell’ex fabbrica dell’ingegnere Elio Graziano erano chiusi dal 1988 da quando l’azienda coinvolta nello scandalo delle “Lenzuola d’Oro”, chiuse tutte le attività. In tutti questi anni c’è stato il timido tentativo di bonificare tutta l’area, ma per i cittadini residenti e gli ex operai le cose non sono andate per il verso giusto. Per i sindacati tra i 335 operai e dipendenti si contano già 7 deceduti e altri 140 sono stati riconosciuti gli effetti devastanti del contatto con l’amianto. Non sappiamo quanti cittadini residenti nel raggio di un chilometro abbiano perso la vita per tumori e malattie collegate all’amianto che veniva lavorato nello stabilimento senza alcuna protezione. Secondo il presidente Amato solo nello stabilimento ci sono ancora 1.300 tonnellate di amianto lasciate all’intemperie e tonnellate interrate nelle piazzole facilmente riconoscibili. A queste vanno aggiunte 4.500 chilogrammi di amianto portati via con i camion la mattina del 22 marzo scorso, pare senza alcuna autorizzazione dell’Asl. Il materiale contenuto nei bustoni bianchi con la scritta amianto sono stati prelevati nello stabilimento e portati presso l’Irm di Manocalzati, altra struttura a pochi metri da Atripalda e teatro qualche anno fa di un misterioso incendio che provocò l’irreparabile inquinamento del suolo per un raggio di più di un chilometro. Nello stabilimento ci sono ancora 517 cubi di amianto cemintificato che devono essere portati via, ma non si sa ancora come e chi deve occuparsene. A 24 anni dalla chiusura della fabbrica dei veleni, la messa in sicurezza e la bonifica dell’area, rappresentano ancora questioni irrisolte. Riaprendo quale cancello mercoledì mattina il presidente della commissione Amato, ha riaperto una ferita profonda e difficile da sanare. Da 24 anni gli atripaldesi, compreso gli amministratori, hanno preferito guardare da lontano una faccenda che in realtà li coinvolge da vicino, molto da vicino.