Si è spento a 70 anni uno dei più talentuosi "maghi della pedata". In gioventù è stato ad un passo dalla Fiorentina
Un calciatore di talento, un uomo di spirito e un maestro di vita. Questi era Eduardo Oliva detto “O stagnino” (nomignolo ereditato dal padre, stagnaro di professione), personaggio atripaldese che si è spento nella notte tra martedì e mercoledì scorso dopo una lunga malattia. Eduardo nacque il 15 maggio del 1943 e mosse i primi passi nel mondo del calcio giovanissimo, iniziando la sua carriera nell’Ac Atripalda. Dotato di grande visione di gioco e di un dribbling ubriacante, divenne un girovago del pallone militando anche nei Falchi Rossi, nel Solofra e a Palma Campania in serie D, lì dove vinse anche una Coppa Italia di categoria. Proprio mentre si trovava tra le fila dei partenopei fu notato dalla Fiorentina che chiese ufficialmente di acquistare il suo cartellino. Sarebbe potuta essere la svolta per “O stagnino” di abbandonare il calcio di periferia e confrontarsi con quello di alto livello. Il Palma Campania, però, si rifiutò di venderlo e gli chiuse le porte della serie A. Il colpo fu terribile per Oliva, il quale nel ’72 decise di tornare ad Atripalda, arrivando addirittura a giocare sotto falso nome nella Guido Dorso per aggirare il fatto che fosse ancora sotto contratto con il club napoletano. Negli anni successivi, ceduto ufficialmente all’Atripalda, terminò la sua carriera tra gli amici e i concittadini. Ritiratosi dal calcio giocato, Eduardo intraprese la carriera di allenatore, diventando un vero e proprio punto di riferimento per tutti i ragazzi che hanno avuto la possibilità di ascoltare i suoi insegnamenti. Predicando il rispetto assoluto per gli avversari, gli stessi che da giocatore quasi irrideva nel saltarli con disarmante facilità, iniziò ad allenare nelle giovanili della sua Atripalda per poi fondare, insieme a Giulio Santosuosso, la San Francesco. Trasferitosi al Cesinali prima e ai Falchi Rossi poi, vinse rispettivamente il campionato di seconda e prima categoria. Atripalda, con la sua morte, perde un pezzo importante di storia sportiva e umana. Un esempio per tanti giovani che amano il calcio. Eduardo lascia la moglie Margherita e i figli Antonio ed Anna. Al suo funerale erano presenti tanti amici e tanti amanti dello sport che mai riusciranno a dimenticarlo.