L’accensione dei “focaroni” è disciplinata da regole solo apparentemente più semplici rispetto al passato
Manca meno di una settimana all’accensione dei falò in onore di San Sabino, il più diffuso e sentito rito propiziatorio degli atripaldesi. Da qualche anno a questa parte, però, il “focarone” si è trasformato in una specie di incubo: qualità della legna, smaltimento delle ceneri, sicurezza degli spettatori, autorizzazioni sanitarie e altro ancora hanno reso più complicato ritrovarsi intorno al fuoco alla vigilia del “dies natalis” di San Sabino.
A volte le esagerazioni erano evidenti (c’era chi, per esempio, smaltiva nei falò ogni cosa, anche i divani di casa, chi bruciava qualunque cosa trovasse nel suo campo, chi dimenticava per giorni e giorni di rimuovere la cenere dalla strada oppure chi ne faceva occasioni di lucro vendendo panino e salsiccia a 3 euro), ma più spesso il falò era davvero semplice e spontanea aggregazione sociale nel nome del patrono.
Nei giorni scorsi, il sindaco Paolo Spagnuolo, sulla scorta delle polemiche degli anni passati, ha emanato un’ordinanza con cui, evidentemente, ha cercato di semplificare la procedura contenuta in un vademecum predisposto l’anno scorso dall’ex comandante della Polizia municipale, ten. Domenico Giannetta. Tuttavia, se l’intenzione era quella di rendere le cose un po’ più facili ed evitare che una tradizione secolare si spegnesse, non potendo, evidentemente, prescindere dalla norma (Testo unico leggi pubblica sicurezza), il primo cittadino ha firmato un dispositivo piuttosto lacunoso, nel senso che non prescrive tutto ciò che è davvero necessario fare prima di accendere un falò. Con l’aiuto dell’attuale comandante della Polizia municipale, ten. Enrico Reppucci, è stato facile capire, anche per chi evidentemente non va in giro col Tulps sotto il braccio, per esempio, che non basta un’autocertificazione per accendere un falò come il punto 9 delle disposizioni sindacali lascia immaginare, ma dopo aver presentato la denuncia è necessario attendere innanzitutto che il primo cittadino rilasci una apposita licenza, in marca da bollo da 16 euro, che è comunque necessario inviare una comunicazione al Comando dei carabinieri e che chi vuole somministrare alimenti e bevande deve presentare anche il modulo per la notifica all’Asl versando i diritti istruttori. Inoltre, a differenza degli anni passati, giustamente, è previsto che chi intende accedere un “focarone” su suolo pubblico (per la maggior parte è così: piazza Tempio Maggiore, piazza Vittorio Veneto, San Pasquale, San Gregorio e così via) prima di presentare l’autocertificazione debba procurarsi la relativa concessione all’ufficio Patrimonio pagando anche la tassa di occupazione del suolo pubblico.
Dunque, al tirar delle somme, l’unico “sconto” rispetto all’anno scorso riguarda sia l’individuazione di tre persone addette alla sicurezza, sia il controllo preventivo della Polizia municipale, che però avrebbe evitato eventuali denunce penali nel caso in cui ciò che è stato dichiarato nell’autocertificazione non corrisponda a verità.
Commenti
Sei stato grande nella tua esposizione.
10 e lode.
Nu ne faciti chiù fa i fucarini e levammo a miezzo puro sta tradizione. Tanto pe come stammo combinati, 99 e uno 100.
mi viene da ridere.
poi, di nuovo da piangere.
in un paese dove si circola senza assicurazione, senza cinture di sicurezza.
In un paese dove si parcheggia comodamente in doppia fila.
In un paese dove ogni giovedì i mercatari lasciano impuniti una devastazione.
In un paese dove non si vede un vigile per strada.
In un paese dove non ci sono servizi, cultura, iniziative.
In questo paese, si trova il tempo per regolamentare, rigidamente il FOCARONE.
Siete ridicoli, punto e basta