L’incendio è divampato all’alba di mercoledì. Ancora ignote le cause, danni per almeno tre milioni di euro. ma i residenti sono allarmati per la diossina nell’aria
Un incendio di enormi proporzioni ha interessato, lo scorso mercoledì, lo stabilimento dell’Irpinia Recuperi di via Tufarole. Le fiamme, forse nate da un corto circuito o da un fenomeno di autocombustione dei rifiuti (ma si attende ancora il responso dei Vigili del fuoco), hanno completamente distrutto un capannone in cemento armato di 1.500 mq. contenente prevalentemente macchinari, attrezzature e rifiuti di vario genere, fra cui carta, legno, plastica e ferro. Esclusa, almeno dai Carabinieri, l’origine dolosa dopo che sono state visionate, e poi sequestrate perché ritenute utili alle indagini, le riprese video delle telecamere a circuito chiuso presenti all’interno dell’Irpinia Recuperi, l’azienda della famiglia Pastore, nata nel 1996 e specializzata nella gestione di rifiuti speciali e recuperabili, che dà lavoro a 35 dipendenti e con un fatturato annuo di circa 10 milioni di euro. I Vigili del fuoco, invece, impegnati sin dall’alba dopo l’avvistamento delle fiamme da parte di alcuni automobilisti in transito lungo la Variante 7 bis, non hanno ancora formulato alcuna ipotesi sulle possibili origini del disastro dal momento che l’interno del capannone distrutto non è stato ancora ispezionato per ragioni di sicurezza legate al possibile cedimento della copertura. Le operazioni di spegnimento, che hanno visto impegnati 30 uomini e 5 squadre sia del Comando di Avellino che di Benevento e Salerno, si sono rivelate molto complesse e delicate, sia per le alte temperature raggiunte dal rogo, sia per la mancanza di autobotti, personale e approvvigionamento idrico necessari ad avere ragione delle fiamme. Il sistema antincendio, che in precedenti occasioni si era rivelato idoneo ad evitare il propagarsi delle fiamme, stavolta non è entrato in funzione, probabilmente a causa dell’interruzione di energia elettrica. I danni, in base ad una prima stima, ammonterebbero ad almeno 3 milioni di euro considerando che all’interno del capannone erano presenti macchinari ed attrezzature molto costosi, alcuni dei quali acquistati solo da pochi mesi. Nessun pericolo, invece, per il personale dipendente che, dopo aver smontato alle 22 di martedì sera, sarebbe rientrato al lavoro solo all’indomani mattina. La nube di fumo alta diverse decine di metri che per quasi tutta la giornata di mercoledì ha interessato l’area circostante, sospinta anche dal vento che cambiava spesso direzione, è stata dichiarata non tossica dai tecnici dell’Arpac intervenuti immediatamente sul posto per effettuare i rilievi e scongiurare un possibile inquinamento sia per l’atmosfera che per le colture circostanti. Tuttavia lo scarno comunicato dell’Arpac, privo di dati, non ha tranquillizzato più di tanto. Anzi. I residenti delle aree limitrofe hanno continuato ad avvertire difficoltà respiratorie, almeno fino a giovedì scorso, denunciando la tossicità dell’aria. E gli studenti del liceo “De Caprariis” di via Appia giovedì mattina si sono rifiutati di entrare in classe perché la puzza era insopportabile.