Il pentito Luigi Viesto assicura che nulla è cambiato dopo gli arresti dei Genovese
«Ad oggi, nel 2010, tutto ciò che riguarda Avellino e Atripalda é comandato dal clan Cava». Così parla Luigi Viesto, il pentito che nell’aula bunker di Poggioreale, alla presenza dei giudici, aveva ricostruito gli affari dei clan tra Avellino e l'hinterland. «I Genovese ormai non ci sono più, si trovano in carcere e non controllano nulla»:così l’ormai ex collaboratore di giustizia che da qualche mese ha deciso di rispondere nuovamente alle domande del pm della DDA Francesco Soviero. Viesto, dunque, torna in aula per il maxiprocesso Cava e conferma dal carcere milanese di Opera le accuse e le circostanze riferite ai pm antimafia di Napoli. Estorsioni, traffico di droga e in particolare le alleanze. Lui stesso ammette «Qualche volta collaboro e qualche volta no» riferendosi, di fatto, alla sua "travagliata" carriera di pentito. Poi, il lungo capitolo delle minacce, quelle subite dalla sua famiglia ed in particolare della sorella che sarebbe stata avvicinata da uomini ancora operanti per il clan Cava. Si sono susseguite due ore di esame in cui sono emersi, non senza qualche contraddizione, nuovi elementi sulla presenza, in città e nell’hinterland, del clan quindicese. Pizzo a ristoranti, concessionarie auto e mobilifici: ad Atripalda il clan Cava imponeva il racket su una serie di attività. Questo, almeno, è quanto ha raccontato Viesto. In questo suo nuovo corso non perde comunque una certa arroganza così come in qualche passaggio di replica alle domande della difesa. Quando, ad esempio, l’avvocato Peccerella gli chiede se è mai stato condannato per calunnia, Viesto risponde stizzito che trattasi di argomenti già trattati in altra sede. C’è anche qualche legale che chiede lumi sulla vicenda De Cristoforo, sul ruolo di Menna che il collaboratore dice di aver conosciuto in un’occasione legata ad un’estorsione a Monteforte, datata 1993. Ma il vero problema è che Menna, nel 2000 (anno dell’omicidio), non lo avrebbe mai incontrato. Viesto comunque non ama parlare molto dell’omicidio De Cristoforo e lo dimostrano le sue parole: «Non ho risposto ad Avellino e non capisco perché debba rispondere a voi. Perché dovrei farlo ora? Io sono stato condannato da persona innocente in quel processo.» Dunque, a distanza di qualche mese dalla condanna a 17 anni di carcere per concorso in tentato omicidio, Viesto non solo ha deciso di tornare a parlare con i magistrati, ma ha anche professato la sua innocenza rispetto alla grave contestazione per cui è tornato in cella. La prossima udienza sul maxiprocesso Cava si svolgerà martedì, quando in aula arriverà un altro collaboratore: Raffaele Spinello, uno dei primi esponenti del clan Partenio a collaborare con i pm.