Condannati dal Tribunale di Vigevano 49enne dirigente atripaldese, amministratore di una società di Pavia fallita nel 2006 ed altri due manager
Sono stati assegnati otto anni complessivi di carcere per una bancarotta plurimilionaria. Protagonisti della vicenda, nonché coloro che hanno patteggiato la pena, tre dirigenti della ditta Compotec Spa, dichiarata fallita dal tribunale di Vigevano il 14 marzo di cinque anni fa. Secondo le accuse, dal patrimonio sociale sarebbero stati sottratti quasi 4 milioni di euro. Tra questi anche un compaesano: V.D., 49 anni, di Atripalda, ha patteggiato 3 anni come Marcellino Marzano, 62 anni, residente a Torino. Per entrambi, i tre anni risultano dalla somma della pena inflitta nel corso di questa settimana e quella comminata in un precedente procedimento davanti ad altro giudice: in entrambi i casi si tratta di reati collegati. Il terzo imputato, Pier Luigi Sacchi, 51 anni, residente a Pavia, ha patteggiato due anni. E' stato l'unico a ottenere il beneficio della sospensione condizionale e ad evitare le pene accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e dell'inabilitazione all'esercizio dell'impresa per 10 anni, che sono invece state disposte dal giudice Carlo Pasta a carico degli altri due coimputati. V. D. è stato indagato per bancarotta in veste di reale amministratore della Compotec Spa, una ditta di componentistica. Marzano era amministratore con margini di autonomia operativa e amministratore di società collegate usate, secondo l'accusa, al fine di distrarre fondi. Sacchi era, invece, sempre in base alla ricostruzione della procura, l'amministratore "formale" della Compotec e a sua volta amministratore di società collegate. Le verifiche sul patrimonio sociale seguite al fallimento avevano evidenziato anomalie nei conti. Secondo l'accusa, all'appello mancava una somma compresa tra i 3 milioni e 913mila euro e i 3 milioni e 997mila. La maggior parte dei fondi sottratti (2 milioni e 170mila euro) sarebbe stata costituita da crediti della società, da somme provenienti da sconti o anticipazioni su titoli, ma anche da cifre prelevate dai conti bancari. Si chiude così, dopo cinque anni, una vicenda che ha fatto molto rumore tra le aziende specializzate in Lombardia e che ha rischiato di trascinare con sé anche altre aziende dell’indotto e di mandare a casa centinaia di lavoratori.