L’83enne non è sopravvissuto al tentativo di suicidio di domenica scorsa. La sua agonia si è protratta solo per uno strano scherzo del destino
Non ce l’ha fatta Francesco Capasso conosciuto da tutti come “Ciccillo”, morto ieri a 83 anni all’Ospedale “Giuseppe Moscati” di Avellino dopo sei giorni di agonia. Il pensionato domenica scorsa, prima dell’ora di pranzo, aveva deciso di farla finita, impiccandosi ad una porta della sua abitazione di Contrada Alvanite. A scoprire il corpo ancora, agonizzante ma ancora in vita è stata proprio la figlia Maria, che aveva cercato il padre per invitarlo a pranzo. Non vedendolo arrivare si è preoccupata e così si è preoccupata, prima telefonando agli altri tre fratelli, poi ad alcuni amici e infine si è recata nell’appartamento, che è vicino al suo ed ha scoperto il padre con una corda al collo. La donna non si è persa d’animo e dopo averlo tirato giù, ha chiamato subito i soccorsi. Gli operatori del 118 sono arrivati sul posto e dopo averlo intubato lo hanno portato al pronto soccorso, dove i medici lo hanno assistito. Subito è stato trasferito al reparto di terapia intensiva dove è rimasto assistito fino al decesso, previsto dai medici per i danni irreversibili che erano stati accertati. La corda infatti ha impedito all’ossigeno di arrivare al cervello e non ai polmoni dove arrivava grazie ad un foro dovuto ad una vecchia operazione alle corde vocali. “Ciccillo” infatti parlava attraverso un laringofono, proprio per questo si è salvato dal decesso immediato. I carabinieri intervenuti immediatamente hanno accertato che l’uomo si era deciso al suicidio dopo che era scomparsa la sua amata moglie, con la quale aveva condiviso la sua vita. Negli ultimi anni la coppia si vedeva spesso in Piazza, l’amore dei quattro figli, Maria, Arcangelo, Antonio e Vincenzo che gli sono rimasti accanto fino alla fine, non lo hanno distolto dall’insano gesto. Dopo la morte della moglie, avvenuta qualche mese fa, tutto gli sembrava più doloroso, si era confidato con alcuni amici, ma nulla faceva pensare ad un suicidio. “Ciccillo” era molto conosciuto e stimato in città, aveva fatto mille mestieri, ma tutti lo conoscevano come “attacchino”, tutti lo ricordano ancora con i manifesti sotto il braccio pronti per essere al posto giusto, ma nella vita ha fatto anche il cameriere, ha lavorato nella vecchia Pagoda, è stato anche un apprezzato pizzaiolo, ha lavorato anche presso la bottega di Felice Manna, lavorando sempre con dignità e apprezzato da tutti. La sua figura, la sua condialità, la sua umanità ci mancherà.
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