Il corteo muoverà alle 16:30 dalla città ospedaliera, il rito funebre nella Chiesa del Carmine. Toccante testimonianza di Giovanni Solimene
Per noi era Pinocchio. Ed era certamente un bravo ragazzo.
Negli anni 80, con l’Avellino in serie A, andavamo in giro per tutta l’Italia al seguito dei Lupi. Bergamo, Brescia, Torino, Milano, Firenze, Pisa, Como. E poi Messina (col Catania), Udine, Verona, Ascoli. Sempre in giro, ovunque, sempre appresso ai Lupi.
Un sabato mattina ci incontrammo in piazza, rammaricandoci di non esser riusciti ad organizzare un pullman per seguire l’Avellino che il giorno seguente giocava a Torino con la Juve. Ci mettemmo poco per decidere di partire lo stesso. Io, Checco e Pinocchio. Ci demmo appuntamento in piazza alle 14:30 per fare il punto della situazione. Sotto al salice, il 7 settembre 1985, scoprimmo di avere 3.500 lire (in tre), nemmeno 2 euro. C’era pure Tabacchino sotto al salice, ma non venne perché a lui il calcio non piaceva. I soldi erano pochissimi e pensammo che sarebbe stato più giusto partire completamente al verde: andammo al Bar Italia a bere le 3.500 euro di birra (venne pure Tabacchino, che però beveva). Cominciammo a fare l’autostop vicino al Partito Comunista, il primo a fermarsi fu Sebastiano, un nostro amico di Aiello, che ci accompagnò impietosito ed incredulo fino al casello di Avellino Ovest. Iniziò l’avventura per raggiungere Torino: noi tre (senza un soldo) e lo striscione del Bronx. Ad un certo punto del viaggio si fermò un tir che aveva solo 2 posti disponibili. Non volevamo dividerci e rinunciammo al passaggio. Fu Pinocchio a dire che già aveva affrontato lunghi viaggi in autostop e poteva proseguire da solo. Ci dividemmo dandoci appuntamento allo stadio di Torino per l’indomani. Fu difficile ed avventuroso, ma alle 10 del mattino, io e Checco eravamo al Comunale. Di Pinocchio nessuna traccia. Andammo a salutare i tifosi avversari, che ci chiesero di vedere la partita nella loro curva, facendoci entrare gratis. Dopo varie peripezie, sulla strada del faticoso ritorno, ci diede un passaggio “Ninnone” Amerigo Gengaro, addirittura col pullman dell’US Avellino. Con grande generosità ci offrì pure un pranzo a Monteporzio. Ma di Pinocchio, nessuna traccia. Lo incontrammo il martedì, in piazza, sotto al salice. “Pino’, ma addò si stato?” gli chiese Checco.
Pinocchio, con quel sorriso sornione e con gli occhi contenti, rispose: “…a Genova! So' arrivato fino a Genova”.
Poi aggiunse che alle 2 del pomeriggio era ancora nei dintorni di Genova e, capito che non ce l’avrebbe fatta ad arrivare a Torino, per il piacere di vedere una partita, riuscì a vedere la partita del Genoa.
Era un buono, un generoso, un caro amico. Il suo sguardo espressivo e dolce lo porterò sempre nel cuore.
Così come Giovanni Pagano avrà sempre nella testa il sapore della “pasta ‘e fasuli” di Pinocchio.
Ma questa è un’altra storia che, insieme alle altre e al tuo sorriso, ci farà sempre ricordare di te, caro Marco.
Giovanni Solimene (O Commissario)
Commenti
Mi dispiace che certe cose debbano andare in certi modi quantomeno...br uschi, ma forse se Atripalda, Avellino e l' Italia fossero rimaste come ai tempi in cui è ambientata questa fantastica avventura, forse oggi 3 brave persone sarebbero ancora vive; e non parlo (solo) dell' ambito economico ma anche di quello umano e sociale.