Dopo un anno di reclusione nella casa-lavoro di Sulmona, ha ottenuto la libertà vigilata
Ha trascorso un intero anno (dal 21 gennaio 2009 al 21 gennaio 2010) come ospite presso la casa lavoro di Sulmona, un istituto penitenziario modello per lo Stato ma non per i detenuti, che lo ritengono tra i più spietati d’Italia. Franco Ragucci è tornato a casa dopo aver scontato uno dei due anni assegnatigli per accumulo di pena a seguito di vecchi reati, commessi a metà degli anni ‘90. Fu fermato dal Maresciallo Vincenzo Sirico qualche giorno prima del trasferimento a Dentecane perché, nonostante fosse sottoposto a libertà vigilata e gli fosse stato raccomandato di non frequentare pregiudicati e luoghi pubblici, era stato raccolto un intero fascicolo sul suo conto e i suoi movimenti, ritenuti contrari a quanto prescritto dai giudici.
Ragucci, durante gli ultimi mesi del 2009, era stato anche impegnato in un lavoro affidatogli dal Comune proprio per agevolare un suo reinserimento: per sei mesi si prodigò nel ripulire le aree verdi di Contrada Alvanite. Dopo il fermo dello scorso anno e di fronte ai precedenti, i giudici non furono clementi e lo condannarono ad altri due anni di pena da scontare presso la casa lavoro di Sulmona. È trascorso un intero anno e, dato il comportamento esemplare che ha tenuto all’interno dell’istituto, il giudice gli ha concesso la libertà vigilata per il resto della pena, da scontare nella casa di Atripalda. Anche se, praticamente, ci sono più limiti che concessioni. Può, infatti, restare fuori casa solo dal mattino fino alle ore 19.00; non può frequentare luoghi pubblici sospettati di essere ritrovi di pregiudicati; non può partecipare a feste o sagre di paese; deve recarsi periodicamente dai carabinieri e deve informare i militi di ogni suo movimento. Per un anno, oltretutto, gli è vietato guidare veicoli a motore. L’unica cosa che può fare è lavorare. Solo il lavoro, hanno sentenziato i giudici, può renderlo libero. Già, ma a 59 anni chi è disposto ad assumerlo anche part time?
Ragucci, nel momento in cui è rientrato ad Atripalda, si è recato in caserma per consegnare tutte le carte e per presentarsi al nuovo maresciallo. Poi si è diretto verso Palazzo di Città con l’intenzione di riallacciare quel vecchio rapporto che gli aveva consentito di lavorare qualche ora al giorno al servizio della collettività, per poco più di 200 euro al mese. Lo abbiamo incrociato al Comune mentre era in attesa di parlare con i responsabili: «Sono tornato a casa e sono felice ma ci sono molte restrizioni. Praticamente non posso far nulla per un anno intero: ma potrei lavorare e non mi tiro indietro. L’amministrazione, però, deve darmi la possibilità di rientrare poiché credo di aver svolto un servizio utile con il lavoro ad Alvanite. E lo rifarei volentieri».