Alzando leggermente lo sguardo stando al centro della Piazza si scorge il quadrilatero della vergogna: l’ex scuola, il convento, palazzo Lazzerini e l’ex cinema
Mentre l’Amministrazione comunale sta per avvitarsi in una nuova e forse decisiva crisi politico-amministrativa, non può non riaffacciarsi l’amara considerazione sul poco o niente che sia stato fatto finora per rendere Atripalda una città migliore. Se escludiamo l’innegabile vantaggio derivato dall’introduzione del sistema di raccolta differenziata “porta a porta” imposto dal prefetto per il tramite del commissario ad acta, ci accorgiamo che resta davvero poco altro di buono. Il tetto alle parcelle degli avvocati e l’istituzione di un ufficio legale per i sinistri stradali, per esempio, sono state sicuramente due buone idee (anche se continuiamo a fare cause con la media di una ogni quindici giorni e a non attingere i nomi da una short list), così come si nota una rinnovata attenzione per il patrimonio storico-archeologico (anche se la Civita è sempre chiusa e la Dogana è ancora in mano alla Sovrintendenza, ma speriamo che i tagli ministeriali facciano… il miracolo) giusto per citare due-tre questioni che in qualche misura hanno rappresentato una novità. Tutto il resto andrebbe approfondito e discusso, tuttavia, senza allontanarci da Piazza Umberto I e alzando leggermente lo sguardo è impossibile non scorgere il quadrilatero della vergogna: l’ex scuola di San Pasquale, il convento, palazzo Lazzerini e l’ex cinema Ideal. Quattro edifici simbolo della nostra grandezza e della nostra ignoranza, che oggi attraversano una stagione di degrado o, quantomeno, di oblio. Tranne che per l’ex scuola, il cui progetto di riqualificazione è stato di nuovo ripresentato alla Regione per ottenere i finanziamenti, nulla si sa circa la possibilità di ristrutturare e riutilizzare il convento (meno male che ci sono gli scout a farne un degno uso), di rimettere in funzione il cinema o, se fosse possibile, di recuperare il dibattito sul futuro di palazzo Lazzerini. Insomma, discutere e sognare non costa nulla, ma ugualmente non se ne avverte la necessità. Insomma, l’impressione è che manchi la capacità e la voglia di raccogliere una sfida, di abbracciare un sogno, di dare una speranza. E quando ciò accade non resta che scrivere la parola fine.