Quando viene improvvisamente a mancare una persona cara e vuoi fissare per sempre le emozioni che stai provando hai un solo modo per farlo: provare a spiegare a qualcuno chi era per te quella persona. Ed è per questo che proverò a spiegare chi era Biagio Venezia per me e per tutti noi de “il Sabato”.
Biagio era diventato l’anima del giornale, quella vera, profonda, sincera. Gli siamo e gli saremo eternamente riconoscenti per averci regalato autentiche perle di cultura, momenti di lettura autenticamente piacevoli e appassionanti affreschi della nostra storia. Biagio non si è risparmiato fino quasi alla fine dei suoi giorni, producendo il meglio che la nostra città abbia conosciuto sul piano culturale e letterario negli ultimi due anni, sconfitto da una malattia al cuore che lo colpì per la prima volta dieci anni fa.
La sua collaborazione nacque una sera d’agosto, quando in Piazza, spiegandogli come stavamo immaginando la nuova veste grafica, d’istinto gli proposi di scrivere per noi. Lui non ci pensò un attimo e disse subito di sì. Un articolo ogni quindici giorni: il “patto” era questo. E me ne andai sorridendo perché convinto di aver avuto una buona idea.
La convinzione è diventata consapevolezza quando le collaborazioni cominciarono a prendere vita. Le sue “opinioni” meritarono quasi immediatamente la posizione generalmente riservata agli “editoriali” perché Biagio aveva senz’altro più cose da dire di me e, soprattutto, più sensate. E, naturalmente, nessun peso diedi alle parole di chi mi invitava ad essere più attento e a dosare meglio i suoi contributi perché Biagio era di sinistra ed, inevitabilmente, avrebbe spostato il giornale a sinistra. Preoccupazione che non si affacciò mai perché gli scritti di Biagio erano semplicemente straordinari e poco importava di quale colore politico fossero sempreché ne avessero uno.
Le sue “opinioni” hanno arricchito ed impreziosito fino ad un mese e mezzo fa le pagine de “il Sabato”, diventando sin da subito settimanali e non quindicinali perché il bagaglio culturale e politico di Biagio era notevolissimo. E lui aveva trovato nella collaborazione con “il Sabato” la possibilità di fare ciò che forse amava di più: raccontare e raccontarsi. Parole o immagini non faceva differenza, Biagio aveva solo bisogno di donare sé stesso, completamente, soprattutto ai giovani e a chi aveva voglia e tempo di leggere i suoi racconti o guardare le sue foto. Ed io che avevo la fortuna di farlo per primo in redazione quando arrivava la sua mail, lo facevo assaporando già la soddisfazione di contribuire in qualche maniera a diffondere un sentimento di verità e di amore per la nostra città. E alla luce di tutto ciò fanno amaramente sorridere gli slalom lessicali di chi, nel ricordare oggi Biagio, dimentica di accostarlo al giornale, a ciò che negli ultimi due anni lo ha appassionato e coinvolto quasi totalmente, facendolo conoscere a chi non aveva avuto prima questa fortuna.
Questo era Biagio per noi e sapere che purtroppo non potrà mai più scrivere, non potrà più raccontare chi eravamo e chi siamo, sapere di non poterlo mai più incontrare, in Piazza, da solo o con i suoi amici, intento a discutere appassionatamente di ogni cosa, ci rende ancora più consapevoli che la nostra città può essere raccontata solo da chi la ama. E Biagio la amava!
Gianluca Roccasecca
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