Vangelo: Mc 14, 1 - 15, 47
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: “Sedetevi qui, mentre io prego”. Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate”. Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: “Abbà!Padre!Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”. Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: “Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregare per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”. Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: “Dormite pure e riposatevi!Basta!E’ venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino”.
Spunti per la riflessione…
Oggi inizia la Settimana Santa o della passione. E’ santa perché al centro c’è Gesù, colui che “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte in croce”. Davanti a lui non si può restare neutrali. La passione di Gesù, come la debolezza e il dolore degli uomini, non è uno spettacolo da osservare. Quanto è facile rimanere semplici spettatori, preoccupati solo di non essere coinvolti direttamente oppure provando pietà ma restando sempre distanti. La sua è passione di amore. Gesù entra in Gerusalemme come re. La gente sembra intuirlo e si mette a stendere i mantelli lungo la strada com’era uso in Oriente al passaggio del sovrano. Il grido “Osanna” (in ebraico vuol dire “aiuta”) esprime il bisogno di salvezza e di aiuto che la gente sentiva. Finalmente arrivava il Salvatore. Passano sei giorni, da quello dell’ingresso trionfale, e il suo volto sarà quello di un crocifisso, di un vinto. E’ il paradosso della domenica delle Palme che ci fa vivere assieme il trionfo e la passione di Gesù. La liturgia, infatti, con la narrazione del Vangelo della Passione dopo la lettura di quello dell’ingresso in Gerusalemme, quasi a sottolineare la brevità dello spazio che separa l’Osanna dal Crucifige, ci mostra subito questo volto che diviene un volto crocifisso. L’ingresso di Gesù nella città santa è certo l’entrata di un re, ma l’unica corona che nelle prossime ore gli viene posta sul capo è quella di spine, lo scettro è una canna e la divisa è un manto scarlatto da burla. Quei rami di ulivo che oggi sono il segno della festa, fra qualche giorno, nell’orto ove si ritirava per la preghiera, lo vedranno sudare sangue per l’angoscia della morte. Gesù non fugge, prende la sua croce e con essa giunge sul Golgota, ove viene crocifisso. Quella morte che agli occhi dei più sembrò una sconfitta, fu in realtà una vittoria: era la logica conclusione di una vita spesa per il Signore. Davvero solo Dio poteva vivere e morire in quel modo, ossia dimenticando se stesso per donarsi totalmente agli altri. Andare incontro al Signore oggi con le palme in mano è nostra sincera volontà di fare di questa Pasqua 2012 un tempo di pace e di riconciliazione con Dio e con i fratelli.