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Domenica 28 marzo 2010

Dal libro del profeta Isaìa (Is 50,4-7)
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filíppési (Fi! 2,6-11)
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: "Gesù Cristo è Signore! ", a gloria di Dio Padre.
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca (Lc 23,1-49)
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte. II popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: « Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.

IL VANGELO DELLA DOMENICA DELLE PALME
Gesù muore pregando il salmo 31: «Padre, nelle tue mani affido il mio spirito». È la preghiera di un povero abbandonato, che nell'assenza di ogni verifica proclama la sua umile fiducia in Dio, e in quella fiducia si abbandona completamente. Gesù è vissuto fidandosi in tutto del Padre, e con la stessa fiducia muore. Anche nell'ora delle tenebre continua a fidarsi dell'amore: non cede alla tentazione di chi vorrebbe far trionfare l'amore percorrendo strade diverse dall'amore stesso (per esempio il ricorso alla potenza o alla violenza). Sulla croce Gesù sperimenta fino in fondo la debolezza dell'amore e la sua sconfitta. Tuttavia vi si abbandona interamente. Gli uomini lo crocifiggono, ma egli muore per loro: muore perdonando come sempre ha fatto. Sullo sfondo del racconto della morte in croce c'è il tema della regalità. Una regalità che sulla croce è affermata e schernita. Luca usa una costruzione enfatica: «Questi è il re dei giudei» (23,38). È il motivo della condanna e vorrebbe significare, nella mente dei capi, la fine dell'assurda pretesa di Gesù. Invece è l'affermazione inconsapevole che proprio lì, sulla croce, la sua regalità si manifesta in tutto il suo splendore. Come vivere questa Parola? Meditando la passione restiamo anche noi allibiti, costernati. Assistiamo allo spettacolo della morte di Dio, del dono totale di sé. Ecco Dio: pende dalla croce, morto per amore. Dio muore d'amore. Quando accogliamo il dolore e lo affidiamo, quando, nonostante la violenza, siamo resi capaci di perdonare e donarci, anche la nostra vita produce inattesi miracoli, prodigi e conversioni, senza che neppure ce ne accorgiamo. Buon cammino fratelli e sorelle! Lasciamoci trascinare dalla narrazione, riviviamo in noi gli odori, i suoni, le luci e i colori di quei tre giorni in cui Dio morì donando se stesso.

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