Sabato, 15 Mar 25

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Felice intuizione, infelice esperienza

La gestione organizzativa del “mercatino del contadino” ha trasformato una iniziativa interessante in un disastro

Fare la spesa sta diventando un incubo. Aumentano i costi e si comprano prodotti di bassa qualità. I mercatini a filiera corta nascono per dare risposta a queste due grandi questioni: la qualità dei prodotti ed i costi al consumatore. E’ un ritorno al passato, al contatto con il contadino, con le sue storie e la sua fatica. Un salto all’indietro che ci regala uno spaccato romantico, quello della vita a contatto con la natura, con gli animali e con quella impagabile sensazione di avvicinarci al vero senso della vita. Nasce così la spesa responsabile, a chilometro zero ed il farmer market. Le definizioni abbondano, gli obiettivi sono sempre ambiziosi, ma i risultati si vedono raramente, soprattutto dalle nostre parti.

Il recente rilancio comunicativo, che accompagna l’iniziativa domenicale atripaldese, ci suggerisce la necessità di una riflessione. Siamo certi che quella imboccata sia la strada giusta? Gli indicatori sembrano fornire una risposta chiara, inequivocabile. Domenica scorsa, come nelle ultime edizioni, il mercatino appariva desolato (forse anche desolante), vuoto, con una sensazione di pressappochismo che sopravanzava ogni cosa.

In altre realtà provinciali (Avellino, Lioni, Mercogliano ecc) si sono affidati alla Coldiretti, che attraverso i mercati di “campagna amica” propone un sistema collaudato di aziende agricole con stand, strutture, comunicazione ed ogni altro supporto organizzativo necessario al successo dell’iniziativa. Ad Atripalda sono state fatte scelte diverse, che stanno vanificando un’iniziativa potenzialmente molto interessante. Dopo le prime domeniche ho sempre sperato in un ripensamento, una riconversione organizzativa che potesse rimodulare quella bancarellata in una opportunità. Ma correggere gli errori è sempre difficile, soprattutto se si persevera inseguendo un modello sbagliato. Quel mercatino doveva avere almeno una trentina di operatori, non andava fatto in piazza ma integrato al mercatino rionale di contrada Santissimo, in un giorno feriale, escludendo (ovviamente) il giovedì. Un po’ di comunicazione e sarebbe diventato un successo organizzativo e, molto più utilmente, un contributo alle famiglie della nostra città. Perché gli obiettivi ambiziosi del farmer market, non sono slogan impalpabili: si garantisce al consumatore un prodotto genuino, biologico, con un risparmio medio del 30%. Si taglia sulla filiera, per agganciare l’utente all’azienda agricola, con reciproco beneficio. Ma noi, come spesso accade, stiamo trasformando un potenziale successo in un disastro organizzativo, con danni per tutti. Per i consumatori che si trovano con pochissimi stand, senza opportunità e senza prodotti; per le aziende che si trovano coinvolte in un raffazzonato tentativo privo di utenti e prospettive. Ho letto da qualche parte che pensano di replicare per qualche mese, io suggerisco di chiudere questa esperienza infelice, correggere gli errori e ripartire di slancio.

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