I vecchi proprietari dell'area degli scavi di Abellinum sono accusati di danneggiamento del patrimonio archeologico nazionale. Oggi la prima udienza
La giunta comunale ha deciso di costituirsi parte civile nel processo penale a carico dei fratelli Dello Iacono, accusati di danneggiamento del patrimonio archeologico, storico e artistico nazionale rappresentato dagli scavi di Abellinum (art. 733 c.p.). A distanza di quasi due anni dal sequestro preventivo del sito disposto dalla Procura della Repubblica di Avellino, proprio oggi ha inizio il processo con l’udienza dibattimentale. “Considerato che il Comune - si legge nella delibera -, ente esponenziale degli interessi della comunità e soggetto leso sotto il profilo dell’immagine, è legittimato a costituirsi parte civile per il risarcimento di danni materiali e morali conseguenti al contestato reato di particolare allarme e rilevanza sociale; ritenuto sussistere l’interesse all’esercizio dell’azione civile nel processo penale a tutela e salvaguardia del patrimonio archeologico, storico culturale ed anche economico rappresentato dall’Antica Abellinum; la giunta delibera di costituirsi parte civile”.
In sostanza, il Comune di Atripalda aspetta di vedersi riconosciuto un risarcimento dei danni “subiti e subendi” con la chiusura del sito archeologico e con l’abbandono seguito al rientro dell’area nel possesso dei fratelli Dello Iacono, attestati da una perizia tecnica affidata dal tribunale di Avellino all’archeologo Fausto Zevi e ammontanti a circa 300mila euro. Dal giorno del sequestro, comunque, la vicenda si è ulteriormente arricchita perché inizialmente l’area è tornata nella disponibilità pubblica a seguito di un nuovo decreto di esproprio, successivamente impugnato dai fratelli Dello Iacono perché ritenuto insoddisfacente l’indennizzo, seppure provvisorio, di 75mila euro. Oggi l’area, grazie all’ipotesi di reato avanzata dalla Procura ed al sequestro preventivo, è affidata in custodia giudiziaria alla Soprintendenza Archeologica di Avellino, nella fattispecie alla dottoressa Maria Fariello, responsabile del sito, autorizzandone nel prosieguo dei lavori di messa in sicurezza mentre ai vecchi proprietari sarebbe stata formulata un’offerta di 300mila euro che, oltre all’indennizzo, tiene conto del cosiddetto “premio per i ritrovamenti” ovvero del valore dei reperti venuti alla luce oltre a quello intrinseco del terreno.
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