Il noto legale, già sindaco fra l’86 e l’89, ha ricevuto dall’Ordine degli Avvocati un premio per i 50 anni di toga. Il testo del suo intervento
Andrea De Vinco è stato premiato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati per i 50 anni di esperienza forense. Ecco uno stralcio dell’intervento che il noto legale atripaldese ha svolto durante la cerimonia.
Sono grato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Avellino ed in particolare al suo dinamicissimo Presidente e carissimo amico Fabio Benigni per la manifestazione celebrativa indetta per premiare gli avvocati del foro di Avellino che hanno compiuto 50 anni di attività forense. Manifestazioni come questa, al di là del valore sentimentale, sono utili perché servono ad avvicinare i più giovani alla nostra professione in un momento di grandissima difficoltà che tale attività attraversa in particolare nelle nostre zone ancora oggi caratterizzate da un tessuto sociale povero e degradato. Manifestazioni di tale spessore servono ad invogliarli perché essi superino il loro giustificato scoramento e trasmettano quell’entusiasmo con cui la mia generazione, anch’essa partecipe delle difficoltà economiche ed ambientali, seppe mostrare il coraggio di andare avanti e proseguire in una professione che, se coltivata con passione ed impegno, può dare grandi soddisfazioni. Un invito all’ottimismo ai nostri giovani colleghi perché proseguano con fiducia nella strada intrapresa ed abbiano fede nell’avvenire.
Iniziai la mia attività di praticantato presso il palazzo Caracciolo di Piazza Libertà sede storica del Palazzo di Giustizia di Avellino, frequentando studi professionali di grande valore giuridico ed umano, come quello del brillante civilista don Carlo Amatucci e del fratello penalista Ernesto. L’occasione della mia vita mi fu offerta dalla iniziativa assunta nel luglio 1961 dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Avellino che organizzò la prima gara oratoria, a cui, unitamente ad altri bravi e valorosi colleghi, partecipai risultando vincitore insieme al compianto amico Enrico Trofa. Riscuotemmo il plauso della commissione esaminatrice, presieduta dal presidente della Corte di Assise dr. Augusto Ruffo e dagli indimenticabili ed amati magistrati prof. Umberto Ferrante, procuratore della Repubblica e dr. Pietro Sabeone Pretore del mandamento di Avellino. A tal proposito un pensiero grato e deferente rivolgo al compianto amico carissimo avv. Vincenzo Penza che in tale occasione mi affidò all’arte oratoria ed alla preparazione giuridica dell’avv. Vincenzo Sara, decano dei giuristi irpini che riconobbe la grande funzione del certame oratorio, formativa per i giovani avvocati.
Anche l’on. Fiorentino Sullo, allora ministro dei lavori pubblici volle farmi gli auguri per tale successo con una affettuosa dedica nel suo noto ed interessante volume intitolato “Lo scandalo urbanistico”. Sulla scia di tale lusinghiero risultato intrapresi una intensa attività prevalentemente nel campo penale. Una grande occasione mi fu offerta da un processo che all’epoca suscitò grande interesse nella pubblica opinione. Incaricato di assumere la difesa di una bambina atripaldese di otto anni, violentata da un bruto proveniente dalla provincia di Benevento, assunsi con entusiasmo l’incarico di difensore di parte civile. Mi trovai allora a confronto con il rappresentante della difesa, uno dei luminari del foro beneventano, l’avv. Del Basso De Caro, che si batteva per il riconoscimento della infermità del suo assistito. Ricordo ancora oggi la trepidazione che provai nel processo, consapevole di dover contrastare le tesi difensive dell’illustre collega. Al termine della discussione, che affrontai con grande vigore oratorio, il Tribunale di Avellino, accogliendo integralmente le mie richieste, condannò l’imputato ad otto anni di reclusione con la interdizione perpetua dai pubblici Uffici. Grande fu la mia soddisfazione per il risultato ottenuto che ebbe grande risonanza anche sulla stampa nazionale e ricordo ancora oggi con profonda commozione la gioia che provai nel sentire pronunciare dal Presidente della Corte tale sentenza accolta con grande soddisfazione ad Atripalda.
In conclusione mi sia consentito di ricordare il clima di stima e reciproco rispetto tra i colleghi che per tanti anni ha contraddistinto la nostra classe forense. Oggi, purtroppo, tale clima si è affievolito perché sovente non sono pochi i colleghi che si mostrano irriguardosi verso la deontologia professionale ma in compenso segnalo con soddisfazione l’ingresso nell’avvocatura anche nella nostra provincia di tanti giovani colleghe che dimostrano serietà ed impegno nello svolgimento dell’attività professionale non disgiunto da un tratto di eleganza e raffinatezza piacevole ed apprezzabile e di cui il nostro foro deve andare orgoglioso. Un saluto caro ed affettuoso rivolgo ai miei colleghi, oggi festeggiati, i quali per oltre mezzo secolo hanno percorso gli impervi sentieri dell’avvocatura che, nonostante le attuali difficoltà, resta pur sempre una delle più affascinanti avventure nelle umane vicende.
Andrea De Vinco
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