Lunedì, 25 Nov 24

Tu sei qui:

"Un grazie di cuore a tutte le donne"

“E’ arrivata l’ora in cui la donna acquisisca nel mondo un’influenza, un peso, un potere mai raggiunti fino ad adesso. E’ arrivata l’ora in cui la vocazione della donna si deve compiere in pienezza” (Beato Giovanni Paolo II)

Concetta Tomasetti

L’8 marzo si celebra la giornata internazionale della Donna. Una giornata in cui ricordare le conquiste sociali e politiche delle donne, un’occasione per rafforzare la lotta contro le discriminazioni e le violenze, un momento per riflettere sui passi ancora da compiere. Ma è anche di più: è un modo per ricordarsi da dove veniamo, noi donne, e dove stiamo andando.

Da dove nasce questa ricorrenza? Una leggenda molto celebre narra che la Festa delle Donne sia stata istituita nel 1908 in memoria delle operaie morte nel rogo di una fabbrica di New York, la Cotton. In realtà è un falso storico, una leggenda nata negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale. La storia, infatti, è piena di tragedie simili a quella “mitica” alla base della festa: ad Alba (Cuneo) nel 1882, dodici operaie di una filanda sono morte di asfissia durante la notte. La più grande aveva 22 anni, la più piccola soltanto 12. Allora le condizioni erano durissime e si lavorava fino a 11-12 ore al giorno. La giornata Internazionale della Donna nacque ufficialmente negli Stati Uniti il 28 febbraio del 1909. Ad istituirla fu il Partito Socialista Americano, che in quella data organizzò una grande manifestazione in favore del diritto delle donne al voto. Il tema era già stato a lungo discusso negli anni precedenti sia negli USA (celebri sono gli articoli della socialista Corinne Brown) sia dai delegati del VII Congresso dell’Internazionale socialista (tenutosi a Stoccarda nel 1907). La data dell’8 Marzo entrò per la prima volta nella storia della festa della Donna nel 1917, quando in quel giorno le donne di S. Pietroburgo scesero in piazza per chiedere la fine della guerra, dando così vita alla “rivoluzione russa di febbraio”. Fu questo evento a cui si ispirarono le delegate della Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste a Mosca quando scelsero l’8 marzo come data in cui istituire la Giornata Internazionale dell’Operaia. In Italia la Festa della Donna iniziò ad essere celebrata nel 1922 con la stessa connotazione politica e di rivendicazione sociale. L’iniziativa prese forza nel 1945, quando l’Unione Donne in Italia (formata da donne del Pci, Psi, Partito d’Azione, Sinistra Cristiana e Democrazia del Lavoro) celebrò la Giornata della Donna nelle zone dell’Italia già liberate dal fascismo. L’8 marzo del 1946, per la prima volta, tutta l’Italia ha ricordato la Festa della Donna ed stata scelta la mimosa, che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo, come simbolo della ricorrenza. Negli anni successivi la Giornata è diventata occasione e momento simbolico di rivendicazione dei diritti femminili e di difesa delle conquiste delle donne.

C’è anche un secondo motivo per festeggiare l’8 marzo: celebrare la grandezza di ogni donna. Anche Papa Francesco ha ribadito il valore delle donne nella Chiesa e nella Società. In un suo discorso ha sottolineato come “La donna abbia una sensibilità particolare per le cose di Dio, soprattutto nell’aiutarci a comprendere la misericordia, la tenerezza e l’amore che Dio ha per noi”; ed ha aggiunto: “Soffro quando vedo nella Chiesa che il ruolo di servizio, che tutti dobbiamo avere, per le donne scivola verso un ruolo di servitù”. Perciò ha auspicato che si allarghino gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. Nella sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium al n. 103 parla del “genio femminile necessario in tutte le espressioni della vita sociale e per questo si deve garantire la presenza delle donne anche nell’ambito lavorativo e nei luoghi dove vengono prese decisioni importanti”. La sua attenzione, il suo incoraggiamento, la fiducia riposta in noi ci incoraggiano a dare il meglio di noi stesse. Ritengo necessaria una riflessione sul percorso delle donne; dagli anni ’70 - anni difficilissimi - (gli “anni di piombo” furono definiti) nei quali si percepiva la voglia delle donne di cambiare profondamente la loro partecipazione sociale ed ecclesiale non soltanto per contare di più, ma per non privare la società dei loro talenti, siamo passati alla quasi indifferenza di oggi, a dispetto dei “Se non ora quando…?” Oggi sono ancora minoranza le donne che s’indignano per ciò che le offende (non soltanto violenza fisica e femminicidio) e che, non accontentandosi dell’indignazione, vorrebbero cambiare le cose. Le nostre società occidentali che un po’ ci hanno preso in considerazione (anche se nelle stanze dei bottoni le donne sono ancora pochine) e un po’ ci utilizzano (cfr. i messaggi pubblicitari), sono ancora fortemente improntate da una cultura maschile. Penso che il gap sia soprattutto culturale: non bastano i premi Nobel in rosa o donne scienziato a riconoscimento internazionale. E’ la cultura popolare, della strada e della piazza che va radicalmente cambiata. Ho avuto modo, negli anni ’80 e ’90, girando per missioni, in Africa ed in India, quindi non per quartieri alti, di vedere che sono le donne - quelle spesso incolte del popolo così come le intellettuali - a segnare passi in avanti per quelle società. Un esempio eloquente per noi!

Le nostre giovani generazioni non hanno vissuto il travaglio per ottenere il poco o il tanto che abbiamo ottenuto. E non s’accorgono che la non- cultura attuale (responsabili in buona parte le TV commerciali e simili) le sta privando anche di quel poco o tanto, facendole ritornare a modelli che credevamo sepolti. E’ urgente ricercare insieme un’immagine nuova, un volto nuovo di donna sia nei rapporti personali che nel sociale, cercando di scrostare dalla donna tutti quei luoghi comuni che hanno da sempre inquadrato la sua figura.

Sì, c’è ancora una questione femminile aperta ed è solo tornando a essere insieme, a fare massa critica che i grandi sogni di ieri e di oggi possono realizzarsi; per costruire modelli nuovi di relazioni e di scambi, in famiglia e nella scuola. Oggi assistiamo quotidianamente ad una fastidiosa e massiccia violenza alle donne che culmina in fatti di sangue, ma anche una pesante, fisica e sessista violenza fatta di parole, leggi, burocrazie, interventi su twitter e gli altri social media. Oggi le donne maltrattate, zittite, ferite, uccise stanno diventando emergenza. Sono state segnate convenzioni importanti come quella di Instanbul a cui ha aderito fra i primi il nostro paese, è passata la legge sul femminicidio…

Sì, c’è ancora una questione femminile aperta, per combattere questa cultura del sopruso che non si ferma davanti a nulla, che colpisce le donne per mano degli uomini a loro più vicini. Cosa si deve fare per combattere tutto questo, ancora? E per ricostruire un terreno di relazioni sane o almeno più sane? Desidero fare un augurio a tutte le donne, in special modo a quelle che soffrono e si sentono abbandonate dalle Istituzioni. Un appello, invece, alle Donne di Atripalda, perché condividano le loro risorse umane e culturali per un fecondo scambio di esperienze inter e intra generazionale, avendo per oggetto il “femminile” e - come scopo - quello di promuovere, sostenere, riflettere, essere come sentinelle con le antenne ben orientate a captare le esigenze, i problemi, gli orientamenti, insomma il corso della storia delle donne sul territorio.

E’ a disposizione un indirizzo di posta elettronica: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. .

Se non ora… quando?

Concetta Tomasetti

E-mail Stampa PDF