Una storia allucinata, un racconto incalzante, una colonna sonora martellante: quello di Bonazzi è un lavoro ambizioso, un’opera violenta e beffarda, con un messaggio chiaro
Una premessa. Immagino che per gli atripaldesi non sarà stato facile sottrarsi alla curiosità di identificare, nella ‘prima’ cittadina (alle 21 di domenica 16 marzo, presso la Biblioteca “L. Cassese”) location ed attori del lungometraggio “The Underdog”, restituendoli alla loro quotidiana normalità. E tuttavia, con un piccolo esercizio di astrazione diventa possibile una fruizione/lettura del film meno ‘localizzata’ (e perciò più obiettiva e serena). Una premessa che, per quanto possa apparire ovvia, mi pare ‘necessaria’ per cogliere tutte le potenzialità, gli umori, le suggestioni, il feed-back di un’opera violenta e beffarda. Insomma “The Underdog” (lo sfigato al tavolo del poker, quello che ha le carte peggiori - il ‘perdente inconsapevole’) è uno specchio deformato (ma poi neppure tanto) di una parte della realtà, una proiezione delle nostre paure, dei nostri fallimenti, delle nostre viltà, che sono purtroppo non solo metafora socio-politica, ma anche realtà viva (per quanto livida ed angosciante) del nostro tempo presente. Questa la premessa: per sgombrare il terreno da troppo facili cedimenti campanilistici, magari persino ratione amicitiae.
Insomma il film “The Underdog”, del giovane e promettente regista (soggettista, sceneggiatore, tecnico delle riprese, montatore) Ermanno Bonazzi, (pronipote di Alfredo, una delle voci più autentiche della poesia del secondo Novecento), girato tra Atripalda ed Avellino con attori non professionisti (ma anche con vere e proprie promesse della recitazione teatrale, come Monica Maffei), quasi 90 minuti tesi, ritmati da una colonna sonora originale realizzata da gruppi emergenti, ossessiva, martellante e da effetti fonici raffinati (Raffaele Landi), interamente doppiato in studio, non è l’esercizio scolastico di velleitari cinefili di provincia, ma è un lavoro ambizioso, una cosa seria, che nasce da vera passione e padronanza dei linguaggi. Si tratta, cioè, di un’opera ‘credibile’, tecnicamente dignitosa, efficacemente costruita, ‘colta’, innervata di rinvii, citazioni, ammiccamenti alla grande cinematografia del ’900. Onore al merito, perciò, di chi l’ha pensata, l’ha progettata e l’ha persino realizzata a budget zero: l’unica possibilità per chi si scontra con la odierna penuria di risorse, tanto più desolante se calata nella realtà, già di suo marginale, del Mezzogiorno.
Il soggetto è sostanzialmente lineare e persino ‘prevedibile’: una coppia di piccoli spacciatori della periferia della periferia criminale, gemelli, come lo erano De Vito e Schwarzenegger, nel film di Ivan Reitman, deve al boss una grossa somma per una partita di droga che si è rivelata un bidone (Fellini? Atripalda?). Si impegnano a restituire la cifra e maldestramente, ma con mezzi espliciti e violenti, cercano - senza successo - di rientrare di vecchi crediti. Una surreale discesa negli inferi del vizio e del malaffare, tra gerarchie criminali e vezzi di boss e capizona, persino didascalica e sovrabbondante. E infatti tra il prete pedofilo, il poliziotto imparentato e, prima ancora che corrotto, ‘infiltrato’ nella polizia grazie a complicità e tangenti; fino al finto malato terminale (Napoli Milionaria), alla insospettabile falsaria tecnologica (La banda degli onesti), creativa e designer, e poi… eutanasia, crisi del cinema, corruzione pubblica, pestaggi, fino alla ‘citazione’ simbolica della politica del ’900 ed alla eliminazione fisica dei due goffi criminali, il film pare non voler rinunziare a nessuna delle grandi tragedie e dei grandi inganni della Storia. Che - ripeto - non è né la storia di Atripalda e neppure dell’Irpinia (seppure se ne colgano allusivi rimandi) e seppure inquieta che Alvanite e San Tommaso alludano nel film alle periferie metropolitane dello spaccio e delle camorre; oppure che volti familiari siano così antropologicamente plausibili nella rappresentazione, esasperata ed opprimente fino alla nausea, del vuoto di pensiero, di sentimento, di poesia, di vite senza passioni, nel quale sono cancellati umanità, affetti, tenerezze, speranze.
In questo desolante contesto, chiuso, autoreferenziale, esclusivo (dove non ci sono vecchi, se si esclude la voce inquietante del capo, ed i simboli del suo oscuro potere criminale e non ci sono bambini) l’unico lacerto di realtà che si percepisce nella cinica e puerile inconsapevolezza dei protagonisti, Roccia/Giandomenico Luciano e Vj/Salvatore Esposito) è un ottuso lasciarsi vivere nella nebbia allucinata dello sballo. Insomma non c’è né una madre, né una consolazione in questo presente caliginoso, senza spazio e senza tempo, solo la rincorsa al denaro, o a tutto quello che appena gli somiglia: senza un progetto, senza un’ ambizione che non sia, forse, l’ingenua prospettiva di fregare il capo, e l’esito prevedibile della sconfitta (e della morte), con l’estremo implicito insulto del boss che evita di sporcarsi le mani e affida ad una donna l’esecuzione di Roccia.
Eppure “The Underdog”, nonostante le inevitabili approssimazioni di un’opera realizzata senza mezzi, e qualche veniale cedimento all’ovvio, consegna alla nostra Città un messaggio di speranza: che la passione, il sacrificio, lo studio, anche grazie alle nuove tecnologie, aprono spazi e possibilità, che solo alcuni anni fa erano inimmaginabili. E la storia allucinata di Roccia e Vj, osservata e ricostruita attraverso un racconto incalzante, si fa esemplare rappresentazione delle ipocrisie e degli inganni di un presente che i giovani devono squarciare, per farsi protagonisti (senza padroni e senza padrini) del proprio futuro.
Raffaele La Sala
Informazioni sul film
Produzione Bonzo's Production in collaborazione con Raftek e Kanaka Project
The Underdog
un film di Ermanno Bonazzi
anno di produzione 2014, Italia
Durata: 84'
Lungometraggio: commedia, criminalità
Cast
Giandomenico Luciano
Roccia
Salvatore Esposito
Vj
Antonio Macchia
Gek T
Massimiliano Pirone
Boss
Claudia Foschi
Nora
Francesco De Cristofaro
Plump
Monica Maffei
Bea
Stefano Scarpato
White
Annagiulia Saggese
Andrea
Grazia Bonazzi
Barista
Massimo Corrado
Barista
Andrea Cerrito
Cerino
Giusy Pizzano
Fidanzata
Martina Volino
Amica Fidanzata
Cast Tecnico
Produttore
Ermanno Bonazzi, Raffaele Landi, Andrea Maioli
Regia
Ermanno Bonazzi
Sceneggiatura-Soggetto-Montaggio-Direttore della fotografia
Ermanno Bonazzi
Sound Designer
Raffaele Landi
Post-EFX
Andrea Maioli
aiuto Post-EFX
Ilenia Galasso
Illustrazioni
Alessandro Santoro
Make up EFX
Valentina Giò D'ambrosio
HairStylist
Antonio Della Sala
Assistenti Alla regia
Marco De Santis, Enrica Nazzaro
Musiche originali di Rino Petrozziello, Plump, Rifugio Zena, Forlai. Lies, Slow Motion Genocid.
Costo: 150,00 euro
Città: Avellino
Durata delle riprese: da Agosto 2012 a Ottobre 2012
Durata della post-produzione: Ottobre 2012 a Dicembre 2013
Formato ripresa: Full HD a 1920X1080
Camera: Canon 550D
Montaggio: Final Cut Pro 7 - Adobe After Effects
Formato esportazione: Full HD a 1920X1080
Ermanno Bonazzi è nato ad Avellino il 23/09/1988. Dopo essersi Laureato in Scienze della Comunicazione presso l'Università di Salerno nel 2011, si diploma presso la scuola di Cinematografia Sentieri Selvaggi come direttore della fotografia e operatore di ripresa nel 2012. Alla primissima esperienza alla regia di un lungometraggio.
Raffaele Landi è nato ad Avellino il 22/12/85. Si diploma a Pomigliano (NA) nel 2009 presso la scuola Yamaha "Spazio Musica".
Commenti