Domenica, 19 Mag 24

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Lo ‘sfogo’ di Antonacci

La speranza è che la somma di tante convergenti stanchezze possa produrre alla fine qualcosa di buono

Raffaele La Sala

Mentre restano da decifrare nel loro significato non virtuale le parole di Salvatore Antonacci, esponente politico di riconosciuta militanza nella sinistra post comunista, forse sarà opportuno qualche scampolo di riflessione sulla politica che forse potrà aiutarci a capire questo tempo nostro malinconico. Se me lo permette Antonacci, proprio a partire dalle sue parole, finora senza molti commenti (e senza conseguenze), affidate al mondo parallelo della rete. Cosa che aprirebbe pure altri scenari, ma lasciamo perdere.

Scrive Antonacci:

«...politicamente parlando non è più tempo per me... il tempo, gli eventi mi hanno superato...non rimpiango nulla, ci ho creduto e ci ho provato, mettendoci passione ed amore, provando a metterci sempre tutto me stesso... ho sacrificato tutto, famiglia, studio, amicizie, amori... mi spiace ma io mi fermo qui... scendo da questo treno... il mio viaggio sarà un altro...»

Di Salvatore non sono mai stato ‘amico’. Confronti (anche aspri e con qualche reciproco ‘dispiacere’) sì, ne abbiamo fatti tanti: ma ‘amico’ no, e ‘compagno’ neppure. Le nostre erano due generazioni distinte e due forme di impegno pubblico che, dai tormentati ‘compromessi’ più o meno ‘storici’, si incrociavano lungo traiettorie fragili e gelatinose, che solo a tratti sembrava potessero convergere almeno in temporanee e problematiche alleanze. Eppure il suo annuncio (che è apparso sincero e sofferto) affidato a facebook, un mezzo già obsolescente, a dire dei nativi del mondo virtuale, mi ha colpito. Insomma - ho considerato - se anche il compagno Salvatore è stanco di questo treno… qualcosa sarà successo di intrinsecamente devastante in quel Pd nel quale - senza grande entusiasmo, mi sembrò - si era fatto forza di credere ‘da sinistra’. Non so bene se questo sia un bene o un male. Rilevo che senza la esuberante ed appassionata militanza di Antonacci si annacquerebbe ancora di più la presunzione identitaria di un Partito che, costruito sulla sommatoria di due ingombranti eredità, non ha saputo in questi anni suggerire un orizzonte politico nuovo. Che solo con un esile pensiero si può percepire nelle rottamatrici verbosità di Renzi.

Così come, specularmente, nella progressiva ed irreversibile smobilitazione del centrodestra berlusconiano, solo un iperbolico azzardo può dare credibilità al movimentismo dell’altro Matteo ed all’inedita alleanza con la destra ‘sociale’ di Casa Pound. Ed intenzionalmente rinunzio a parlare del centro, disperso in una evanescente galassia di generali senza esercito.

Ci aspetta, insomma, un lungo cammino nel deserto delle ideologie e perfino del buon senso, un cammino che per l’Irpinia ed il Mezzogiorno prevedo ancora più tormentato e marginale, nell’assenza di una plausibile classe dirigente e nella strutturale fragilità degli stessi cosiddetti ‘portatori di interessi’, che consegna un territorio già devastato dai terremoti e dagli uomini, alle ultime scorrerie della criminalità ‘storica’ (più o meno organizzata), almeno fino al loro definitivo asservimento alle nuove. Pur tuttavia (e con tutte le cautele del caso) non vorrei privarmi della flebile speranza, se non in un progetto politico (che si fa fatica a percepire), almeno nell’eterogenesi dei fini. La speranza dico che, qualunque cosa abbia suggerito lo sfogo ‘virtuale’ di Antonacci, la somma di tante convergenti stanchezze possa produrre alla fine qualcosa di buono (oltre le ideologie, oltre le diffidenze, oltre): una sorta di nuovo inizio, una palingenesi della politica, un sussulto di consapevolezza che la realizzazione del bene comune garantisca anche l’interesse dei singoli, anche più del cinismo e del calcolo meschino. Una speranza, un sogno, un’utopia.

Riflettevo su questo, nella prudente attesa di pubbliche conferme o smentite ufficiali che, per ora da Antonacci, non sono arrivate. Generandomi il dubbio che… parlando di ‘politica’ egli stesse metaforicamente parlando d’altro…

Raffaele La Sala – Merito è Libertà

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Commenti  

 
#1 Biagino 2015-03-10 07:29
Meglio aver male che essere un fantasma.