Giovedì, 09 Gen 25

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Attualità

Le opere e i giorni di Carmine Tranchese

Cattura atmosfere, scava memorie, racconta silenzi e misteri e, mentre sconvolge ed emoziona, si fa voce e destino dell’umanità faticosamente in cammino

Domenica concerto di viole del “Cimarosa”

Nella chiesa di San Nicola di piazza Vittorio Veneto, alle 19:30, i maestri del Conservatorio di Avellino si esibiranno nelle musiche di Vivaldi, Bach e Telemann

Fiume Sabato, scatta anche il divieto di pesca

Confermato il superamento dei limiti fissati dei parametri di Salmonella ed Escherichia Coli

Parco delle Acacie distrutto e puzzolente, i residenti di via Appia scelgono il “Santo Spirito” di Avellino

Rattoppi, immondizia, tanfo e tanto altro: non c’è da meravigliarsi se “da qua se ne vanno tutti”

Caos in piazza tra palloni e biciclette

Segnalazioni da proprietari e commercianti: servono maggiori controlli e più attrazioni estive

Canile: si organizza una fiaccolata di protesta

L’Aipa è al limite della sopportazione e l’amministrazione continua a non pagare il necessario per i cani né a provvedere alla manutenzione

Il sondaggio: per i votanti il vincolo sulla Civita è giusto

I lettori online ritengono necessaria la tutela dei luoghi

(ANCHE) IO SO!

Biagio Venezia

A ogni cosa dovrebbe esserci un limite: credo che giovedì scorso nel corso della manifestazione per la difesa dei beni archeologici dell’antica Abellinum, durante l’intervento del sindaco, dinanzi all’enormità dei fatti degli ultimi tempi, non sia stato commesso alcun eccesso quando è stato da lui chiesto con determinazione che la città di Atripalda debba essere informata di quanto succede ed è successo in relazione all’allucinante vicenda dei reperti archeologici.

Aver asserito «[…] Vogliamo essere informati di tutti i passaggi e movimenti che coinvolgono l’antica Abellinum […] spostamenti di reperti archeologici che appartengono a tutta la comunità […]» non è un delitto di lesa maestà; tale affermazione esprime invece il sacrosanto diritto di una collettività, oltre che del suo legale rappresentante e di altri sette sindaci del comprensorio. L’aver tacciato in questo caso il primo cittadino di incompetenza è a mio parere inopportuno perché non credo che a lui competa la conoscenza dei meandri della legislazione in materia, e soprattutto perché una Soprintendenza, se non riesce o non vuole informare sugli spostamenti e sulla sorte dei reperti storici presenti sul suolo comunale, compie un atto la cui gravità è evidente. Un atteggiamento di questo tipo da parte di un’istituzione che gode di un’indubbia discrezionalità ci riporta ad abitudini e costumi del periodo borbonico. Atripalda ha, secondo il mio modesto parere, un conto aperto con quest’istituzione che, da quello che ricordo, ha sempre guardato altrove mentre nella nostra città avvenivano scempi di notevole portata. Non mi si venga a dire in questo caso che rischio di far confusione tra Soprintendenza ai Beni Archeologici e BAAS, perché per me che sono solo un semplice cittadino e contribuente questo rischio è solo una questione di lana caprina.

Posso dire, con tanti altri atripaldesi, alla maniera di Pasolini (anche se modestamente): IO SO!

Io so che ad Atripalda vi era una statua romana di pregevole fattura presso il Palazzo Belli di Salita Palazzo e che ora si trova al British Museum di Londra - potremmo dire: fortunatamente -;

Io so che vi era una tomba a camera in contrada Civita, risalente al IV sec. A.C., e che oggi si trova in parte sotto le fondamenta di un palazzo;

Io so che all’ingresso di Capo la Torre vi era, forse, la più antica chiesa di Atripalda, l’Annunziata con annesso Ospedale dei poveri camminanti con oratorio, ricco di pregiate opere d’arte tra cui lo stallo ligneo del Seicento e un dipinto settecentesco, demoliti e distrutti pochi giorni dopo il terremoto dell’80;

Io so che quella demolizione si rese necessaria per far passare nella strettoia, ancora presente, la grande ruspa per demolire il centro storico dell’Atripalda longobarda;

Io so che con quelle demolizioni andarono persi per sempre antichi palazzi gentilizi;

Io so che per il passaggio della variante nel centro abitato vennero sventrati l’anfiteatro e la cinta muraria di Abellinum;

Io so che fino agli anni ’60 Atripalda aveva la più bella piazza della provincia su cui si affacciava il convento seicentesco di San Giovanni Battista oscurato dall’attuale palazzo;

Io so che sulla stessa piazza si affacciava l’ottocentesco Palazzo Sessa che un decennio dopo veniva demolito: solo la caparbietà di alcuni cittadini salvò il pregevole portale d’ingresso che oggi è collocato nella Dogana dei Grani, forse per non rovinare l’estetica dell’attuale palazzone…;

Io so che molte pietre d’angolo di antichi palazzi con bassorilievi di epoca romana sono, salvo qualche caso, perse per sempre;

Io so che il basolato in pietra bianca d’Irpinia risalente all’Ottocento che si trovava in piazza Di Donato, in vico Carlo e in via Municipio venne sostituito dall’asfalto (quando si è tentato di ripristinarlo i risultati sono stati deludenti, come tutti hanno potuto constatare);

Io so che molti siti di archeologia industriale sono stati abbattuti: lo stabilimento dell’Acido Tannico, la distilleria Rescigno, i pastifici Piccolo e Porcelli, la fornace di laterizi Berardino, in comune di Manocalzati, ubicato sull’attuale area commerciale Progress;

Io so che il Palazzo Ducale ha sul retro un giardino che fino a pochi decenni orsono era una meraviglia, aveva al centro una fontana seicentesca e alcune statue tra cui il celebrato Fauno cinquecentesco; oggi, a 31 anni dal terremoto, è ancora recintato da un muro protettivo e non si riesce a trovare un milione di euro - solo uno e non oltre sedici - per acquisirlo al patrimonio pubblico.

Io so che potrei continuare;

Io so che mi sono esposto troppo;

Io so anche che queste mie parole vogliono essere elementi di riflessione, che secondo me sono drammaticamente necessari in questo momento, e non indistinti atti di accusa;

Io so, però, che tutto quello che ho elencato, secondo la Soprintendenza, non è stato competenza dei sindaci e degli amministratori, per cui anche il sottoscritto, che in passato ha fatto parte dell’Amministrazione di questa città, può evidentemente sentirsi sollevato…

E infine io so che Atripalda la città di: Raffaele Masi, Francesco Rapolla, Leopoldo, Sabino e Antonio Cassese, del prof. Mario Capaldo, dell’Arcivescovo Barbarito, e tanti giovani studiosi che mantengono alto il suo nome nelle Università e nelle Accademie, ama la sua storia e la sua identità e quindi ama i suoi reperti archeologici: per questo esige e soprattutto merita TRASPARENZA da parte di istituzioni che dovrebbero avere come obiettivo SOLO la protezione e la valorizzazione di tali reperti!

Biagio Venezia

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